Art Brut: Art! Brut! Top of the pops!

E’ la seconda -o forse la terza?- che gli Art Brut passano per Roma, ma stavolta non è come le altre. Il nome è circolato, si è diffuso a macchia d’olio, ha contagiato come un virus e forte di un terzo posto sulla classifica di fine anno di pitchfork (avrei un po’ da ridire… sia sul terzo posto che su pitchfork in generale, ma non facciamo sempre i polemici, sù…) gli Art Brut si trovano improvvisamente con una serie di show sold out, con la gente che aspetta al freddo fuori dal locale creando la fila, con il pubblico stipato sotto il palco come sardine in una scatola. E’ una gioia per I fan e gli appassionati del gruppo, che hanno seguito le loro gesta da quando NME aveva -tiepidamente a dir il vero- consigliato il 7” We formed a band di una band che tutt’altro si può dire tranne che esser cool. Ho meglio, cool lo sono, a modo loro. Hanno quell fascino magnetico e controcorrente, sono l’onda anomala in un mare di giacche Strokes e camiciole F.Ferdinand, sono un ”Outsider Art”, come si definiscono nel loro sito. Una bassista donna dal look dark, un chitarrista con la maglietta di Shakira dall’occhio spiritato, un solista con I capelli alla Cure (oh, Robert Smith sta tornando di moda, preparate la lacca), un batterista esile e magro dal tocco lapidario e un… Un cantante? È una parola grossa! Già perchè il frontman Eddie Argos di cantante ha davvero, davvero poco. Sembra più in imbonitore da piazza, uno strillone con i giornali sotto il braccio, un mercante da fiera o un pazzo predicatore da strada (no, Richey Edwards e company non c’entrano, ma se vi fosse venuto anche per un momento il dubbio da quelle 3 parole… beh vi voglio bene) che spiattella senza mezzi termini i suoi problemi e le sue angosce. Se Jarvis Cocker con I suoi Pulp cantava e raccontava la vita dei common people, storie possibili ma non per questo reali, piene di personaggi in cui tutti si potevano riconoscere, ma non lo erano, gli Art Brut cantano un background ricco di riferimenti reali, presi dalle loro vite, da parenti ed amici, ed è forse per questo che i pezzi sono così sentiti ed il pubblico è così coinvolto. Avremmo tutti un po’ voluto conoscerlo il fratello di Eddie Argos che si è beccato la maggior parte delle dediche come fonte di ispirazione! Il live, com’era lecito aspettarsi- è selvaggio e bestiale, il drumming particolare di Mike, il batterista, che ha suonato per tutto il concerto in piedi con uno non calanche da dar quasi fastidio (o sono io che dopo 10 minuti di batteria mi sento le gambe stile big-jim?), ha sorretto con potenza e con un rullante tonante tutti i brani, ancor più abrasivi e rugginosi del disco, infarciti di un sound tagliente della telecaster di Chris Chinchilla, che da vera star ne approfitta per lanciarsi in pose plastiche, o sfoggiare un occhio pazzoide inquietante come solo Jack Nicholson in Shining poteva essere. Peccato non aver potuto vedere meglio la bassista Frederica che, nonostante fosse stata chiamata esplicitamente a gran voce dal pubblico, e rimasta in disparte, ai bordi del palco quasi dietro i divisori. Non mi è dato sapere quindi se fosse brava davvero o il merito del suo suono fosse del Rickenbacker Fireglo. ”FORMED A BAND! WE FORMED A BAND! LOOK AT US! WE FORMED A BAND!” Gli Art Brut vivono e si nutrono degli sguardi del loro pubblico, gli piace essere al centro dell’attenzione e si divertono a sapere che il gigantesco pogo sotto il palco, un turbine di persone, zaini, scarpe per aria(?!) è merito loro! Interagiscono con il pubblico, chiacchierano con gli inglesi presenti, scherzano con le prime file e con il loro stesso esser rock band, come se ancora non riuscissero a spiegarsi il successo di Bang Bang rock’n’Roll e come mai alla presentazione di Emily Kane il pubblico impazzisca. Molto più vari e interessanti degli Others, a cui spesso sono stati accostati per i concerti (e che, per inciso, fanno cagare), o dei Rakes, portano a termine un set breve ma intenso, che vede anche la presenza all’interno del set, della bonus track dell’album These Animal Menswe@r (Come se loro non li avessero mai ascoltati… paraceli…) inno-scherno di quel brit-pop usa e getta di un paio di anni fa. Ma spero però per loro di non trovarsi nella stessa situazione tra un lustro, altrimenti ho già pronta una hit: These Animal Art Brut. Ve la faccio sentire prima o poi, magari tra 5 anni. Nota speciale per I gruppi in apertura: Masoko: sono entrato alle 23 e loro stavano finendo il set? ma com’è possible?! Ho fatto in tempo a sentire l’unico brano, ed ogni volta che li sento il giudizio è sempre quello: il gruppo più interessante della capitale Black Circus Tarantula: Grandi, bel colpo, bel ritmo, bel sound,… bella bassista… Alla batteria c’è una conoscenza dell’indie romano: The Niro che, se da un lato si produce in canzoni alla Buckley, dall’altro diventa un batterista forsennato, che riempie I brani di rullate e stacchi rendendoli ancor più groovy di quel che sono. La telecaster solista fraseggia tutto il tempo sugli accordoni della chitarra (335 epiphone) del cantante. Un bel muro di distorsioni e rock’n’roll. Unico consiglio-difetto una carenza di varietà nel suono. La distorsione rimane sempre quella (non ho visto I pedali, magari c’era un overdrive e un distorsore, ma il sound era praticamente simile) col risultato che alla fine molte canzoni finiscono troppo per assomigliarsi. Ma se amate il rock’n’roll / punk diretto, fatto di volumi alti e 1-2-3-4 sono fatti per voi, del resto “ci piacciono gli WHO mica I GENESIS”