Luca Giovanardi

CHITARRISTA E VOCE DEI JULIE’S HAIRCUT – 05-06-2006

Steve Reich – "Music for 18 musicians": Quando l’avanguardia non è rumorismo sterile. Una lunga ipnosi di piano, vibrafoni, percussioni, fiati, un pattern di poche note in arpeggio che si accumulano, si acavallano, si rispondono l’un l’altra fino a creare una sinfonia.
Can – "Soundtracks": Uno dei dischi meno celebrati del gruppo tedesco, ma forse il più vario e uno dei più melodici. Sembra un campionario del suono di quello che sarebbe stato l’indie-rock dal 90 in poi, solo vent’anni prima. Si passa dalla psichedelia rampante della imprescindibile Mother Sky alla splendida Tango Whiskeyman, in cui pare di sentire i Blonde Redhead. Quando poi Malcolm Mooney arriva alla voce è impossibile non farsi venire in mente lo Ian Svenonious dei Make-up mentre She Brings The Rain sembra uscita dal secondo dei dEUS. Ascoltare per credere.
Ornette Coleman – "The Shape of Jazz to come": Il vagito di nascita del free jazz, ma ancora legato in qualche modo a una struttura che di classico non ha nulla ma che non fa perdere la bussola all’ascoltatore. Mentre gli altri facevano la corte alle classifiche e ai grandi festival, l’Original Quartet se ne andava davvero per i cazzi propri. Anche con un certo compiacimento, sia chiaro.
Miles Davis – "The Cellar Door sessions": Cofanetto in 6 cd che documenta la serie di concerti di questa inedita band di Davis, con un fantastico Mike Henderson al basso, che fornisce un inusuale groove funk alla musica del maestro. In sostanza è il jazz elettrico del periodo di Bitches Brew, suonato dal vivo da un gruppo spaventoso di musicisti tra cui Keith Jarrett, Airto Moreira, Jack Dejohnette.
Cypress Hill – "Los Grandes Exitos en Espanol": Uno degli ensemble hip-hop che preferisco da sempre. Qui rileggono diversi pezzi della loro carriera nella loro lingua madre, e ti accorgi che sono ancora più cazzuti e irresistibili. A casa tutti gli altri.
Flaming Lips – "At war with the Mystics": Tanto perché non sembri che compro solo dischi di 20 anni fa, ma anche dischi attuali di gruppi di 20 anni fa. Un album che nella sua immediatezza è stato per me paradossalmente meno immediato dei precedenti, ma che alla distanza è cresciuto tantissimo, nel suo citazionismo anni 70 e oltre. Enormi. C’è una outtake che dovete assolutamente cercare: la cover di Bohemian Rhapsody dei Queen.
Germs – "G.I.": Con tutta la merda che la cosiddetta scena "punk" ha buttato fuori negli ultimi 20 anni, mi è capitato di ritirare fuori questo vecchio vinile. E allora mi son ricordato di che cosa si trattava. Non si stacca più dal piatto da un po’.
Charlie Patton – "King of the Delta Blues": L’ho avuto in rotazione per una settimana e quando l’ho tolto praticamente non riuscivo ad ascoltare più nulla, tutto sembrava uscito da Top of the Pops. Dopo esserti attaccato sta roba sulla pelle qualsiasi cosa registrata dopo il 1935 ti suona inevitabilmente falsa.
Rino Gaetano – "Sotto i cieli di Rino": Ecco, io non sono uno di quelli che lo ha sempre ascoltato e si è lamentato per anni perché era ingiustamente poco considerato sia in vita che in morte. Io mi son comprato questo triplo cd recentemente, per vedere di conoscerlo al di là de "Il cielo è sempre più blu". E adesso mi tocca unirmi al coro di quelli che si lamentano da anni. Un grande.
Aa. Vv. – "Psychedelic Jazz and Soul: the In Sound from Atlantic and Warner Vaults": Raccolta di autentiche gemme di jazz psichedelico, con venature soul/funk qua e là. Tutte le tracce sono da 10 e lode, una compilazione strepitosa davvero, a partire dal classico di Gary Burton "Vibrafinger" per perdersi tra tante tracce molto meno note ma altrettanto stordenti. Da non perdere.