Isis – Panopticon

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Che questo nuovo millennio abbia segnato un ulteriore allargamento dei confini mai del tutto ben delimitati di un genere come il metal è un fatto oramai ampiamente documentato da questo primo lustro passato. In particolare il 2004, anno veramente prodigo di uscite capitali in questo senso nel calderone post-core, ci serve questo album. ‘Panopticon’ svetta alto sopra il gonfalone di questa nuova avanguardia, garantendo agli Isis un posto di benemerita rilevanza (ormai sono in giro da un po’…) all’ interno delle spinte evoluzioniste sovracitate. Cosa aspettarsi da tutto ciò?
‘Panopticon’, che deve il suo titolo a una sorta di analisi sul controllo delle masse da parte degli organi di potere, è un album da scoprire, immenso e idealmente perfetto nella minuzia dei particolari di cui è composto. Per certi versi, credo sia giusto parlare di una naturale evoluzione del suono del precedente ‘Oceanic’: là così roboante e d’impatto, qui così studiato nell’attribuire le giuste dosi di rumore o distensione a seconda del contesto. Se in certe situazioni la parola “core” sembra ormai cedere il posto a quella “rock” (e certo post-rock chitarristico, qui e là fra i solchi, è veramente ad un passo), l’intuizione melodica delle linee vocali di Turner sembra confermare questa tesi affiancando e snellendo il solito vocione (nel senso buono del termine e comunque anch’esso fortemente ridimensionato) praticamente in tutti i pezzi del disco: trovata provvidenziale e a tratti salvifica, in quanto la lenta evoluzione degli Isis trova, anche grazie a queste innovazioni, in ‘Panopticon’ una sorta di traguardo, ingigantito da un livello di fruibilità generale indubbiamente incrementato di molto.
Verosimilmente da considerarsi come un tutt’uno, il disco esordisce con il battistrada “So Did We”, ideale raccordo con il sound di Oceanic: questo per i primi venti secondi. Già, perché fin da subito gli Isis mescolano le carte in tavola inserendo in un contesto piuttosto tirato un lungo pezzo in arpeggio (e sentite su che tempo!), dilatando e decostruendo il discorso fino a quel punto tracciato. “Backlit” e “In Fiction” sono veri e propri pezzi da pace dei sensi: calibrati; dilatati quanto basta da celare sempre qualcosa, qualche particolare che viene a galla solo dopo ripetuti ascolti successivi (e di sfaccettature ce ne sono a non finire!); forza bruta che sfonda i timpani al momento opportuno e senza strafare.
Dopo l’introduzione di “Wills Dissolve” è molto probabile che l’ascoltatore poco avvezzo alle trovate degli Isis possa gridare al miracolo: non prestando molta fede a questo genere di manifestazioni (i miracoli), cercherò di spiegarvi cum auxilio rationis la situazione: quando in una composizione convergono, allo stesso tempo, una serie di accorgimenti (e qui c’è veramente un bilanciamento perfetto) quali una simmetrica alternanza bordate/scorci riflessivi sia dal punto di vista strumentale, sia dal punto di vista dell’impostazione vocale (che Turner abbia raggiunto la sua vera maturità artistica mi sembra ormai un dato di fatto); è abbastanza scontato un risultato finale che causi un così marcato senso di sbigottimento e appagamento generale.
Il finale del disco prosegue grosso modo su questi sentieri (“Syndic Calls”), anticipando una strumentale “Altered Course”, stipata di ricordi e tensione rappresa il giusto, alla conclusiva “Grinning Mouths”, altro scorcio che fa dell’antitesi dei suoi costituenti il suo carattere distintivo. Sfuriata finale. Scende il sipario.
Che la vecchia guardia dei fan degli Isis potrebbe faticare un po’ a metabolizzare ‘Panopticon’, mi sembra plausibile; inverosimile e scarsamente dimostrabile invece rimane ogni accusa di rammollimento. Non scherziamo e guardiamo invece la verità in faccia: gli Isis sono uno di quei pochi gruppi provenienti da una scena estrema che grazie alla gavetta sono riusciti ad imporsi a un pubblico più vasto e variegato e meno di nicchia: questo solo grazie ai loro meriti, si intende. Dunque un profondo rispetto per Turner e compagni mi sembra veramente d’obbligo, così come l’acquisto ad occhi chiusi delle future release.