Orthodox – Gran Poder

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Un gruppo che si rifacesse all’immaginario dei primi anni dell’era cristiana, quando i rituali pagani convivevano assieme alle “novità” del Cristianesimo, era francamente una cosa che mi mancava, e ad essere onesti avevo il timore che si trattasse dell’ennesima pagliacciata per creare uno pseudo gruppo di culto, molta immagine e sostanza zero.
A convincermi all’ascolto è stata la bella recensione di Lord Yatesbury aka Julian Cope, che li ha eletti artisti del mese di marzo sul suo sito, una credenziale che non poteva non suscitarmi una certa curiosità, se non altro perché il nostro in questo genere di musica è molto ferrato. Difatti, questi Orthodox si sono rivelati una gran bella sorpresa. Nativi della Spagna, terra che in ambito di questo genere di cose non è che abbia prodotto questo granché, questi loschi individui sono davvero riusciti a colpirmi con ‘Gran Poder’, loro prima fatica discografica.
Potrei mettermi a descrivere le loro mise inquietanti, ricordanti ora sacerdoti oscuri, ora membri di sette segrete, ma preferisco mettere in luce la loro sostanza. La musica degli Orthodox è un elogio alla lentezza più massiccia, un monolite nato dalla fusione folle fra il doom dei Cathedral più oscuri, il metallo industriale più gelido dei Godflesh e le tensioni più apocalittiche dei Neurosis – e se proprio devo dirla tutta, non ho ascoltato più alcunché di così inquietante proprio da ‘A Sun that never sets’.
Quattro tracce lunghissime che sembrano più dei rituali sacri che delle canzoni, fatta eccezione per l’intermezzo pianistico “Oficio de Tieneblas” di puro gusto doom, brani in crescendo atti ad evocare un’Apocalisse imminente o perpetuazioni di rituali millenari sulla strada di un ritorno alle origini, all’ascoltatore l’ultima scelta a seconda di come viene colpito il suo immaginario. Il gran merito degli Orthodox sta certamente nei brividi che la maestosa lentezza dei loro brani riesce a creare, quell’angosciante senso di attesa provocato dai granitici riff che monotonamente incedono, preludendo ad esplosioni alla Fantomas atte a concedere il colpo di grazia.
Un’esperienza angosciante, un disco che sembra portarci nel braccio della morte, e gli Orthodox altro non sono che i nostri boia, pronti a sacrificarci senza esitazione.
Difficile chieder di più a un esordio.