Fiub + Dirty Actions: JestrairocK

Atmosfera natalizia quasi totalmente assente in questa serata dell’antivigilia. Ma non è per festeggiare che sono qui al Bloom, bensì per gustarmi una serata organizzata dall’etichetta bergamasca Jestrai. Locale non pieno, ma la gente segue il tutto in modo molto attento. Aprono le danze i parmensi Debauchery, un duo folk rock che non mi entusiasma particolarmente, ma è adatto per scaldare un po’ l’ambiente. Le loro canzoni scivolano via senza colpire, piacevoli ma in intriganti come in realtà dovrebbero essere.
Si passa velocemente ai Mister Jingle, un gruppo piacevole seppur decisamente derivativo (Led Zeppelin su tutti). I ragazzi però ci sanno fare e lo dimostrano soprattutto quando scelgono di dedicarsi a lunghi brani psichedelici e completamente musicali piuttosto che a canzoni vere e proprie (con tutti i crismi del caso, e la banalità è sempre dietro l’angolo). Magari un po’ più di coraggio e voglia di rischiare sono la strada giusta per sbloccare questa impasse.
Si entra nel vivo solamente quando i Dirty Actions (o Dirty Actions Tribute, come adesso è stato rinominato il progetto) salgono sul palco. Pionieri negli anni ottanta per quella scena esplosiva che ci fu in Italia, ripropongono il loro mix di punk e new wave, con sfacciataggine, muscoli, distorsioni e gli anthem di una volta. “È da quando ho visto i Turbonegro dal vivo che non sento una cosa tanto potente” dice un ragazzo accanto a me. L’effetto è assicurato, ma nel 2006 la rabbia, la paura che vogliono trasmettere al pubblico lascia il posto ad un sano divertimento. Johnny Grieco e i suoi musicisti danno il massimo, ma più che “disturbare” fanno spettacolo. Rimangono comunque da vedere e da ascoltare.
Chiudono i Fiub, un pregevole duo rock’n’roll che avevo avuto il piacere di vedere tempo fa. Li ritrovo cresciuti: la prima parte del concerto è memorabile, macinano una dietro l’altra canzoni intrise di riff sporchi e abrasivi, difficile stare fermi. Poi, a causa di malintesi, dimenticanze, un feeling prematuramente esaurito, o qualche altra oscura e poco comprensibile ragione, Gabriele e Pier si perdono e lo spettacolo ne risente paurosamente. Solo una ripresa furiosa nel finale riesce a togliermi in parte quell’amaro in bocca. Se in futuro riusciranno a tenere i loro standard a livello della parte iniziale incendiaria dello show, beh, sarà impossibile ignorarli. Al contrario sarebbe davvero un grosso peccato se sarà la discontinuità a vincere.