Giuliano Dottori – Lucida

Acquista: Data di Uscita: Etichetta: Sito: Voto:

Giuliano Dottori, è un cantautore. Mi correggo, è un bravo cantautore.
Sto ascoltando il suo primo disco, ‘Lucida’.
Dopo aver militato nel gruppo OltreConfine, aver suonato la chitarra e collaborato tra gli altri con gli Atletico Defina, aver prodotto in proprio qualche demo, eccolo finalmente arrivare al suo primo disco, per l’etichetta indipendente Il Re non si diverte, con distribuzione Audioglobe.
Il disco ha avuto una gestazione lunga, ma è stato curato nei minimi dettagli, con arrangiamenti orchestrali davvero d’alta qualità, quasi maniacale, e una scelta delle liriche davvero molto bella, curata. Le registrazioni sono state effettuate a Milano presso il MAI TAI studio per poi essere il tutto masterizzato in Inghilterra.
É un disco acustico, fondamentalmente, che spazia dal pop all’indie d’autore, con sonorità vagamente tardo seventies che mi riportano addirittura in un paio di brani agli arrangiamenti di Led Zeppelin III, o ai Pentagle di J. Renbourn, altri riferimenti sono poi sicuramente l’indimenticato Nick Drake, il Neil Young dei primi anni 70, il P. Benvegnù più ispirato, ma anche Giulio “Estremo” Casale, e il sommo Poeta Fabrizio De Andrè.
Il disco si apre con la ballata “Rancori e Segreti”, sonorità da composizioni tardo barocche con intrecci di elettricità rock.
Si prosegue con l’indie pop “Leggera come sai”, brano veloce e dalla presa rapida.
“Ogni giorno”, è il pezzo che mi ha fatto pensare non so perchè ai Led Zeppelin, con quegli archi a farla da padroni intrecciandosi all’organo, con rullate di batteria dalla stanza accanto, una chitarra ovattata che arriva da dietro, e quel passaggio d’archi che ti stende al primo ascolto e ti rimane stampato in testa.
“Alibi” è un brano che potrebbe arrivare da un altro secolo, da una corte governata da un magnate dalla mente illuminata. Anche qui la sonorità sono classiche, con degli archi da paura, e un intreccio di parole che ti rimangono in testa. Il paragone col sommo poeta De Andrè, mi viene così, spontaneo, ma ci potrebbe stare anche Buckley per il timbro vocale. Questo è anche il singolo, ascoltabile sul sito dell’autore e dell’etichetta.
“Nel cuore del Vulcano” ha un’incedere più rock, primi anni ottanta, orchestrato in modo magistrale, con un testo sul malessere di vivere, sulla necessità a volte di trovare un rifugio dove riprendere il contatto. La voce finora sussurrata viene un pò più tirata, ma rimane dolce e affascinante.
“Endorfina” è la classica ballatona due/tre accordi, ma messi giù bene insieme, con una springsteeniana armonica a tingerla sul finale.
“Lucida”, la canzone che da il titolo al disco, prende a piene mani da certo gusto musicale degli anni settanta, da Drake al diamante grezzo Barrett, fino a certe cose alla Pentagle di J.Renbourn di quegli anni.
“Come se fossi con me”. Questo pezzo, molto lineare, piano elettrico e chitarra acustica intrecciata al testo con un crescendo di batteria, che mi fa venire in mente il Neil Young di “Harvest” o “Comes a time”.
“Milano e io”, il violoncello ad aprire le ostilità con la città più amata e odiata, la Milano che ti stringe e ti annoia, che ti inquina la mente, che ti ammalia; si apre poi in una canzone dall’ottima acustica e dalle sonorità psichedeliche, con un organo a tessere il disagio e una tromba molto jazzy sul finale da accapponare la pelle.
“ E’ stato come”, il brano che chiude il disco, scritto in collaborazione con P. Defina, è proprio il brano acustico che serviva al finale. Due chitarre e due voci, niente di più. E qui sembra di essere in qualche bar sperduto del nordamerica, tra i monti di Vancouver o Seattle, con Neil Young e Eddie Vedder seduti sugli sgabelli, capelli lunghi sulla faccia che intonano “the needle and the damage done”.
Chiusura davvero bella per un disco che per essere quello d’esordio va sicuramente oltre ogni aspettativa, dimostra già una maturità compositiva molto alta. E’ un disco inedito per il panorama musicale italiano; non mi è capitato di sentire nulla di simile o paragonabile, forse “Caduto” di Alessandro Grazian potrebbe essere accostabile, se non altro per le atmosfere acustiche, ma l’originalità di questo lavoro c’è tutta.
Non ho ancora avuto il piacere di vedere dal vivo Dottori, ma questo disco è davvero tra quelli da avere.
L’atmosfera che crea, assicuro che è davvero d’altri tempi, e sopratutto in questi anni in cui tutto è tecnologia e cyber spazio, tornare un pò indietro e fermarsi ad ascoltare, a riflettere e respirare, può solo che fare bene.
A febbraio fatevi un regalo, questo disco e una bottiglia di buon vino da sorseggiare mentre vi immergerete nell’ascolto.