Intervista a Ronin: Immagini di una colonna sonora invisibile

  • Dopo un ep e un disco, entrambi splendidi, tornano i Ronin di Bruno Dorella e continua, senza rinunciare alle sorprese, il loro entusiasmante percorso musicale.
    Ho fatto quattro chiacchiere via mail con la mente del progetto Bruno Dorella.

    Partiamo subito da ‘Lemming’?. L’ho trovato come me l’aspettavo: imprevedibile. Perfetta evoluzione del disco precedente, almeno per quanto riguarda il mio gradimento negli ascolti. Sentire i vostri tre lavori di fila è veramente una bella camminata sonora. Come hai vissuto questa evoluzione?

  • La storia dei Ronin è abbastanza tormentata, segnata da molti cambi di formazione e, personalmente, anche dai miei continui cambi di residenza e dalle complessità della vita privata (il Ronin EP è nato nella quiete dell’entroterra ligure, il Ronin album tra la Liguria e Milano in un periodo difficile, ‘Lemming’ a Milano in un periodo tranquillo…).
    Tutto questo ha influito molto sulla composizione e poi sul modo dei musicisti di interpretare i brani. Però alla fine si parla sempre di colonne sonore immaginarie, quindi queste musiche tendono un po’ a prendere vita propria, a dirigere l’autore e il gruppo verso mete diverse da quelle di
    partenza. E’ un’evoluzione in parte involontaria e incontrollata. L’inserimento di lunghi brani “vuoti” come “Lemming” o “Mantra Infernale” sono sicuramente un’evoluzione
    del mood di “Nada” e “Lava” sul primo disco. Mentre gli inserti semi-etno de “La Banda” o de “L’Etiope” sono un filone che continua il discorso della “Canzone D’Amore Moldava”. In un gruppo come i Ronin ci sarà sempre evoluzione.
  • In un album che apprezzo nella sua globalità colpisce, quasi come un punto centrale dell’album, “Il galeone”?. Come è nata questa collaborazione con la bravissima Amy Denio?
  • Ho conosciuto Amy a un concerto degli OvO a Seattle. Mi si avvicina parlandomi nel suo caratteristico italiano autodidatta, mi fa i complimenti e mi chiede se può darmi
    dei suoi dischi. Quando ho capito che era Amy Denio, artista che conoscevo già e che ritengo di livello altissimo, volevo quasi riderle in faccia! “Tu mi chiedi se puoi darmi
    i tuoi dischi? Sono io che dovrei pregarti di dare un ascolto ai miei..” E così siamo diventati amici, lei ha suonato qualche volta dal vivo la fisarmonica con i Ronin, e alla fine sono riuscito a farle cantare “Il Galeone”, una cosa che sognavo da tempo.
  • Altro brano molto particolare è “You need it then it comes”?, molto curioso musicalmente, ma anche per la sua genesi, la collaborazione di Colleen Kinsella, e per il fatto che è l’unico che suoni completamente da solo. Com’è il tuo rapporto con questa canzone?
  • Fa parte di un progetto di Caleb e Colleen dei Cerberus Shoal, chiamato ‘Earbait’. Coinvolge molti musicisti, ognuno propone un brano e tutti gli altri lo eseguono senza averlo mai sentito, soltanto con il testo e gli accordi base. Poi i cd non sono in vendita, circolano solo tra i musicisti. E’
    un divertimento tra di noi. Anche altri italiani come Jacopo Andreini sono coinvolti. Però quando ho lavorato su YNTIC ho subito capito che la volevo per i Ronin. Tra l’altro vorrei puntualizzare che è l’unico brano non registrato alla Sauna di Varese, ma a casa di Jacopo Andreini in Salento. Mi sono dimenticato di scriverlo sul cd e spero di fare ammenda… Insomma, ho chiesto a Colleen e Caleb se potevo utilizzarlo e con mio sommo piacere hanno accettato.
    Grazie C&C!
  • Prima ancora di sentire le canzoni sul disco le ho ascoltate in uno splendido concerto. Alcune canzoni di ‘Lemming’? sono molto adatte alla loro dimensione dal vivo, quasi come se fossero nate per questo. La cosa è voluta o vi fate trascinare dalla serata? Quale sarebbe una location dove sogneresti di suonare con i Ronin?
  • Molti brani vengono riarrangiati per i concerti. Il motivo è molto semplice. Nel 99% dei casi il pubblico per cui
    suoniamo non è un pubblico disposto a prendersi il tempo per dare la giusta attenzione alla musica. Ci è capitato
    molto spesso che la nostra musica fosse più bassa del chiacchiericcio del bar, o di un dj set che si teneva magari in un’altra ala della stessa struttura dove stavamo suonando. Questo è molto frustrante e ci ha portato
    appunto a ripensare alcuni brani per il set dal vivo.
    Inoltre alcuni brani sui dischi sono suonati con strumenti e musicisti che poi non portiamo dal vivo, o addirittura cantati. Invece dal vivo siamo sempre in quattro, due chitarre basso e batteria. Nei Ronin il disco e il live restano due cose molto separate. Il disco è una colonna sonora. Se voglio
    un basso tuba, un violino o una voce devo averli, perchè il film immaginario ha bisogno dell’atmosfera di quello strumento. Il live è tutto un’altra cosa. Alcuni dei riarrangiamenti che utilizziamo per i live poi mi piacciono talmente tanto che li ripropongo su disco. Così è nata
    la versione di “Mar Morto” che trovi su ‘Lemming’, molto diversa da quella che c’era sul primo album.
    Il posto ideale per un nostro concerto? Il Teatro, senza dubbio.
  • Ultimamente tra appassionati, riviste, webzine e compagnia bella c’è una incredibile attenzione per esperienze musicali folk contaminate, mi basta pensare a Beirut e ad A hawk and a Hacksaw, successi indipendenti anomali per gli ultimi anni, forse giusto i Calexico e qualche altro sporadico caso non così eclatante. Comunque, sono accostabili questi fenomeni musicali ai Ronin di ‘Lemming’?? Qual è in definitiva il legame del progetto Ronin con la musica folk?
  • Il nostro legame col folk è forte, e i gruppi che citi sono sicuramente accostabili ai Ronin. Sono gruppi che compiono una ricerca sul folk, che è un genere che sta inaspettatamente rivelando di avere ancora molto da dire.
  • Il rovescio della domanda precedente viene invece da sensazioni mie (ma non solo): la musica dei Ronin non è semplice ripescaggio e mutazione della musica folk o di certi compositori, è anche impostazione punk, urgenza espressiva free-jazz, e sta diventando anche favoloso esempio di world music. Sei d’accordo?
  • Esatto, fa tutto parte della ricerca musicale. Se parti dal concetto che i Ronin fanno colonne sonore, tutto risulta più chiaro. Il compositore di colonne sonore non suona un genere. Applica la sua conoscenza di diversi generi all’atmosfera che vuole creare. Visto così tutto il
    discorso acquista un significato molto semplice che lascia spazio a possibilità praticamente infinite, guarda solo Badalamenti che collabora con Rammstein…
    Ad esempio, per il nostro prossimo disco vorrei cimentarmi con brani veloci. Essere veloce e struggente allo stesso tempo non è facile. Ci vuole il punk (sul quale sono
    piuttosto ferrato) ma anche un sacco di cuore…
  • Per finire, le musiche di Ronin vengono presentate ufficialmente come colonne sonore immaginarie?. Oltre a possibili film, a cosa (non solo in ambito artistico, anche esperienze, paesaggi…) ti piacerebbe che queste canzoni facessero da sfondo?
  • In generale a delle immagini, ma che abbiano un che di narrativo, una storia. I momenti così “diversi”, apparentemente frammentari, che tanto hanno spiazzato alcuni critici in questo disco, sono proprio dovuti a questo. Un film, una narrazione, un plot, vivono di momenti diversi: amore, tristezza, violenza, allegria, silenzio, morte, vita.
    In una colonna sonora bisogna tenere conto di questo. Nei Ronin la storia non è scritta, ma immaginarla potrebbe essere ancora meglio…