Per una sera ecco i Kings Of Convenience ai Magazzini Generali di Milano. Ma separati in casa: il palco è totalmente dedicato alla loro duplice progenie. Sono infatti i Kommode che aprono la serata. Il nuovo progetto di Eirik, al basso e alla voce, è un trio che in realtà è musicalmente molto simile al gruppo d’origine: le canzoni sono belline, molto indie-pop e facilmente ascoltabili. La gente, sebbene non tantissima, già applaude calorosamente e il set, breve e con qualche problemino sonoro, procede in modo molto piacevole. Forse troppo poco per giudicare, ma più che apprezzabili. Si dovrà aspettare per saperne e ascoltarne di più visto che non hanno ancora un disco in circolazione. Per vedere l’altra metà dei Kings Of Convenience l’attesa è breve: Erlend Øye, il norvegese magro, allampanato e con gli occhialoni, e i suoi The Whitest Boy Alive salgono spediti sul palco. L’impatto visivo è incredibilmente bizzarro: assomigliano a quattro nerd della peggior specie e con tutte le loro caratteristiche sembrano voler rispettare una certa tassonomia del caso: c’è Daniel, il tastierista, canotta bianca, baffetto e capelli talmente precisi da fare effetto-parrucchino, una sorta di nerd che sembrerebbe passa il tempo a mangiare hot dog e a bere birra. C’è Erlend, il nerd secchione bravo col pc, simpatico ma un po’ tonto. C’è Marcin, il bassista, il nerd muscoloso eterna riserva della squadra locale di football. C’è Sebastian, il batterista pallido, occhiale spesso, capello biondo, camicia hawaiana bianca, il nerd deboluccio e sempre malaticcio. Poi iniziano a suonare e si rivelano dei musicisti incredibili, capaci di far confluire in canzoni allungate a dismisura quantità evidenti di pop che finisce per essere funk e soul e discomusic, e stare immobili è dura, il piede deve almeno tenere il tempo, le gambe si muovono da sole. Un fluire di indie groovy pop danzereccio e spassosissimo, la maggior parte del tempo strumentale. Il livello sale man mano che il tempo passa, la serata da carina diventa bella, poi addirittura speciale. Loro divertono e si divertono, si vede. L’atmosfera è assai gioiosa, il pubblico ride ed è felice. Balla anche. E allora Erlend per tutto il finale si precipita tra la gente, balla, salta e applaude i suoi compagni di gruppo. Poi balla ancora, ride, scherza, batte le mani per i tre rimasti sul palco. Poi corre fuori e agitando le braccia e lanciando grida richiama il pubblico vicino al tour bus, dove improvvisa il banchetto delle magliette e cd. “È incredibile, è la groupie di se stesso” dice una ragazza dietro di me. Non avrei potuto trovare definizione migliore.
Le foto presenti sul sito non si riferiscono alla data recensita