Giorgio Canali e RossoFuoco – Tutti contro tutti

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Apocalisse, atto secondo. Sì che le piccole case discografiche hanno sempre gufato un po’, ma se ci avessero detto che ad annunciare la fine del mondo sarebbe stata una label indipendente di Pordenone piuttosto che un novello Nostradamus, ci avremmo creduto poco. Con un ritmo da ultraproduzione industriale La Tempesta Dischi licenzia due perle di indierock catastrofico, ‘Dell’impero delle Tenebre’ dei nuovi Teatro degli Orrori e il ‘Tutti contro tutti’ dei vecchi RossoFuoco. Le rughe e lo sguardo di Canali ormai fanno a gara soltanto con quelli dell’abate Ferretti da cui ha appreso l’arte della Mala profezia: ma rispetto al vecchio compagno (no facili ironie politiche, please) Giorgio necessita di una prosa spiccia, asciutta ed esplicita, per cui traduce in un accessibile italiano i concetti espressi ieri dagli amici Noir Desir (“Settembre, Aspettando”) o da se stesso (“Alealè”, riadattamento di “Coule la Vie”) in lingua francofona. Il suo personalissimo Gran Finale passerà da scenari e volti a noi più che noti: il parlamento, gli studi di trasmissione, i viali delle battone d’alto borgo, i sorrisi dei imbonitori politico-televisivi, i culi in movimento delle vallette in tivvù. La penna di Canali è spianata come un mitra e per questo torna in più di un’occasione il trucchetto collaudato della canzone-lista nera, come in “Swiss Hyde”: ce la si prende con chi continua a ballare senza vedere, si invidia chi di fronte a tutto questo sa ancora dormire e si maledice chi ci toglie ogni vizio umano, “obbligandoci a morire di vecchiaia”.
Sebbene in molti lo ritengano uno dei parolieri più felici del nostro rock, continuo a pensare che le righe canaliche trovino la loro ragione solo una volta uscite da quei denti, così stretti. E’ anche per fare spazio ad un frontman ringhioso ed esuberante come questo che gli ottimi RossoFuoco -qui meno sporchi che altrove- talvolta si defilano, si fanno timidi, tenendo per propria rivendicazione soltanto lo splendido esercizio à la Gun Club di “Canzone della Tolleranza”. ‘Tutti contro Tutti’ è un gioco spietato, raccontato in maniera passionale e sinceramente avvelenata, forse un po’ logorroica: del resto la verbosità è un difetto congenito per chi ha ancora così tanto da dire.