Piccola Bottega Baltazar – Il Disco Dei Miracoli

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Un fulmine a ciel sereno, questi ragazzi; e ancora mi chiedo dov’è che stessi guardando ,distratto o assorto, per non averli ancora scoperti… non indugiamo oltre nell’accusare banalmente la bulimia discografica di questi giorni infausti o una promozione poco mirata, e prendiamocela soltanto con il tempo che è sempre troppo fugace per tutta la bellezza che ancora c’è da cogliere; e di bellezza dalle parti di questo dischetto ne risiede parecchia, e condivide con la grazia e la malinconia una “bottega” angusta e nascosta ma che se la sorte sarà benevola e meno cieca del solito potrebbe tramutarsi in un luogo parecchio frequentato dagli amanti della musica di qualità (futuro e condizionale, nemici giurati del recensore ottimista). Non ci limiteremo a stuzzicarvi con il concept che dell’album costituisce la preziosa struttura portante, ovvero “I Miracoli Della Val Morel”, geniale ciclo pittorico di Dino Buzzati (che oltre ad essere tra i più importanti scrittori del nostro novecento, ha da sempre tradotto in immagini, su tela o illustrazioni, la propria surreale ironia, visionaria e grottesca.), le suggestioni ispirate dal quale i musicisti veneti hanno cercato di restituire in note. Con esiti a dir poco mirabili. Perché l’umanità dissennata ed inquieta assediata da mostri notturni (“la bestia” dietro la quotidianità spenta e fragile…) e liberata dagli stessi (la salvezza da un matrimonio combinato ha le forme delle ali di un pettirosso gigante nel giorno delle nozze…) dalla Santa dell’Impossibile (Santa Rita), necessitava di un accompagnamento sonoro che al calore e alla dolcezza disincantata sapesse alternare trepidazioni ed un arguto sense of humour capace di alleggerire i toni. Un tripudio di fisarmoniche e bandoneon (vivissimi complimenti a Marco Toffanin e Sergio Marchesini), chitarre acustiche e percussioni dal gusto mediorientale, archi a sottolineare i momenti più sentiti ma mai sopra le righe o fuori posto. La voce di Sergio Gobbo ha il cipiglio scuro e fiero di alcuni moderni cantori folk italiani (da Cisco ad Erriquez…) ma dimostra una versatilità che permette all’ascoltatore di percepire ogni minima sfumatura delle storie narrate (l’ordinaria follia de “Le Formiche Mentali”, il virginale nitore de “Il Labirinto Del Desiderio”, che non può non ricondurre a Branduardi). Non mancano chiari riferimenti ad alcuni punti di snodo fondamentali per la canzone italiana degli ultimi cinquanta anni, parliamo di De Andrè e Murolo (“La Contessina Bacigalupo”), Paolo Conte, Ciampi. Ma a differenza della riproposizione formale o macchiettistica (Avion Travel?), qui c’è una passione da risvegliare anche gli animi più assuefatti al già sentito, e una magistrale vena “pop” che rende memorabile ogni brano proposto in questa raccolta (compresi gli strumentali come “Il Colombre” e “Gli Amanti di Val Morel”, veri e propri tour dagli Appennini alla Grecia, passando dal Nordafrica…). E una volta a casa dalle vostre giornate, portati a termine i doveri e le incombenze, “in quell’ora di luce che ancora rimane tra il cartellino ed il telegiornale” (per citare la conclusiva e lucente “Fantasmi a Nordest”), siate generosi con voi stessi e accostate l’orecchio a queste meraviglie. Il fatto che siano già al terzo album ci lascia soltanto la curiosità di andare a ritroso e riscoprire…