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Sembra di essere tornati all’estate di quarant’anni fa, quando i revolutionaries erano “on Columbia” e sotto acido, quando le rockstar più idolatrate spendevano milioni per sfidarsi a colpi di tecnica inventiva e anche il pop più mainstream odorava forte di psichedelia: se c’è un qualche collegamento fra quelle Estati dell’Amore e questa Estate del Come-tutte-le-altre lo si deve a Marco Castoldi, detto il Morgan. Lo chansonnier che da dietro al pianoforte cantava alle pareti del proprio appartamento questa volta smette i panni del boemio, e si trova in mezzo ad un vortice di suoni ed idee, una parata di carnevale fuori tempo massimo, un casino bello e buono: e c’è davvero il rischio che sia questa la “vera anima” del nostro interprete, altro che essenzialità! In ‘Da A ad A’ Morgan si autonomina alle cariche di direttore (dell’orchestra, più di sessanta elementi a brano) e di direttore al quadro (dietro al mixer, chissà quante piste a brano) per poi disertarle entrambi e lasciare che le cose facciano il proprio corso – che tanto lui è Contro Se stesso. Quelle cantate sono vere e proprie “arie” e come tali volano, fregandosene alla grande degli schemi strofa-ritornello e seguendo soltanto gli umori del proprio Creatore, che variano continuamente, anche più volte all’interno di uno stesso pezzo: un palmo sotto (o sopra) queste succede di tutto. Non è un caso che a rispuntare per l’occasione sia proprio “Una Storia d’Amore e di Vanità”, apparsa già nell’unica esperienza di Morgan come soundtracker. Né che questo lavoro venga subito dopo l’esperienza di ‘Non al Denaro, non all’amore né al cielo’ dove le musiche originali erano firmate da Nicola Piovani, uno che di mettere storie in musica se ne intende. ‘Da A ad A’ mette in musica se stesso, si fa da colonna sonora, e gli sbalzi umorali del suo autore sono sottolineati con tecniche impressionistiche e spettacolari, quasi Kinethek. Attorno alle canzoni girano così tanti riferimenti, suoni e trovate che nemmeno il duetto con la figlia Anna Lou su una canzone-regalo, la più orènda delle chincaglierie, sembra fuori posto qui dentro (non se ricordate i moniti dada che vi diede “The Baby” qualche anno fa). Potrà sembrarvi una zuppona indigesta, eccessivamente appesantita e per giunta di cattivo gusto; oppure un capolavoro caleidoscopico dai lati nascosti e dai mille tesori, un monumento al pop onnivoro e all’avanguardia “in technicolor”. Potrà essere entrambe le cose, in un unico ascolto e per un unico ascoltatore: quel che è certo è che ‘Da A ad A’ vi darà molto da ascoltare. Anche per tutta l’estate.