Spaziale Festival: Davanti e dietro la Quinta #1

Da cinque anni a questa parte, c’è un piccolo festival in città: figlio legittimo di un locale la cui filosofia – “all punk must rock, all rock must punk”- non è mai venuta meno, lo Spaziale festival è ormai giunto al suo quinto anno di età e lo festeggia addentando una grossa fetta della sempre più affollata scena live torinese. E pure se stretto fra il fratello maggiore ( e gratuito) Traffic e le solite kermesse alle porte della città, riesce a prendersi il suo…spazio e a fare il colpaccio con grossi nomi a stelle e strisce: Sonic Youth, Mudhoney, e addirittura con l’unica data italiana dei Wilco. Un bill di tutto rispetto che comprende anche gli artisti di Emersione Festival, accorpato pure lui, per una durata totale di otto giorni: ben più di quanto non fosse mai stato. Annata d’eccezione insomma, alla quale ho avuto il privilegio di guardare anche da una diversa angolazione, quella del backstage, per restituire la visione angolare di un’importante Quinta (edizione) da davanti e dietro le Quinte.

5/07/2007 Sonic Youth ( perf. Daydream Nation) + My Cat is an Alien
“Mama Kim, ovvero celebrazione e fine della Guitar Era”

Ma guardatela bene, Kim Gordon potrebbe essere vostra madre! Non vi vergognate a farci ancora certi brutti pensieri? Non si può fare a meno di chiederselo mentre la si vede scendere le scale in una lunga vestaglia da zia, non troppo diversa dal look che esibirà più tardi, quando zio Lee e papà Thurston sono al banchetto dei vinili impegnati a scartabellare per qualche improbabile ripescaggio fricchettone ( …gli Steppenwolf, Thurston?!?). Proprio così: la Gioventù Sonica non è più poi così giovane – chissà in quanti glielo diranno – e anche per Lei è tempo di ricordi e celebrazioni: e ora che Daydream Nation è considerato un classico del rock tout court viene da pensare a quanto si sbagliavano virtuosisti e nostalgici dei settanta, che quasi vent’anni fa gridarono allo scandalo, contro la morte del guitar sound. La trentina di chitarre che mi accoglie dal retropalco – molte lì per rimanere inutilizzate – dice proprio il contrario: i Sonic non sono meno maniaci delle sei corde di quanto lo possa essere un Steve Vai o un Satriani. Semplicemente accarezzano la loro bambina in modi diversi: graffiandola magari, o spingendola al limite delle sue possibilità, comunque curandosi di cambiare ferro ad ogni brano. Questo è quanto succederà questa sera, al termine dell’esibizione dei My Cat is An Alien, il capriccio psichedelico di Moore, che starà estasiato a rimirare i due torinesi mentre spaccano piatti o fanno sibilare le proprie pistole giocattolo.
Da “Teenage Riot” in poi le canzoni si fondono l’una nell’altra e quel che ne resta è un unico indistinguibile feedback, lungo cinquanta minuti, con la strana sensazione di questi spettacoli “performing” dove se da un lato è azzerato l’effetto sorpresa dall’altro è davvero sorprendente vedersi ricreare un intero lavoro, secondo dopo secondo, davanti ai propri occhi e alle proprie orecchie, praticamente identico a come ce lo ricordavamo.
Ad amarcord esaurito, Kim si libera della propria zavorra per affidarla all’ormai stabilizzato Mark Ibold: finalmente libera e felice, la nostra frontwoman si lancia in un’improbabile danza hippy su una melodia floreale che sente solo lei, mentre tutt’attorno “Incinerate” e le altre (queste sì) canzoni di “Rather Ripped” riportano il gruppo al ventunesimo secolo. E’ il gran finale, non solo del set, ma dell’epoca dei chitarroni, portata in trionfo dal ritorno di un disco e di una band che hanno portato l’osservanza del suo culto ad un altro, estremo livello.

06/07/07 Giardini di Mirò + King Suffy Generator + OGM
Emersione # 1

Prima serata dedicata all’Emersione Festival, che ha il pregio di accoppiare artisti emergenti a headliner già belli che emersi, a mo’ di traino. I Giardini di Mirò (unica band extrapiemontese della tre giorni) calpesteranno per primi la terra su cui hanno camminato i Sonic Youth, cui tanto devono. A proposito di grunge/noise e di debiti, i vincitori del Pagella Rock OGM aprono di fronte ad un pubblico ancora esiguo, e sono così ingenuamente Nirvana ( o primi Verdena, vedete voi…) da fare quasi tenerezza: formazione a tre, chitarre davanti all’amplificatore, grida strozzate, bassista spilungo che si agita…torna proprio tutto!
Di altra pasta ed estrazione la performance dei King Suffy Generator, che trattano la materia prog con maniere ed attitudine da indiekids: formazione classica, con l’aggiunta di un sax e di un addetto alla geniale sezione “piatti e sintetizzatori” a cui andranno le congratulazioni del me-ubriaco-di-birra nel dopoconcerto. Entusiasmi che confermo anche ora, da sobrio, anche alla luce del fatto che sono stati forse gli unici novellini a dare davvero uno scossone a noi spettatori. Prossimamente su queste pagine la recensione del demo che sono riuscito a strappargli.
Mezzi ciucchi al concerto dei Giardini di Mirò, non è proprio la condizione ideale, data la verve non esattamente “tarallucci e vino” di questi atipici bolognesi. Lo stesso Jukka istituzionalizza il confronto con la serata precedente e con i Sonic Youth “al liceo si parte tutti per essere come loro. Poi le cose vanno a finire diversamente…”: e per i Giardini, allievi di lusso, è andata a finire un po’ meno in caciara con la parte riflessiva che prevale su quella rumorosa e la chitarra sopra i tamburi. L’assenza di ritmi incalzanti è proprio ciò di cui a lungo andare i loro concerti sembrano soffrire un po’, specie in occasioni come questa, dove un basso eccessivamente invadente rischia di mangiarsi gli altri strumenti e di non render giustizia al suono faticosamente costruito di quel gran disco di chitarre ( un altro!) che è “Dividing Opinions”. In compenso il piglio post rimane tutto e, per la gioia di introspettivi e shoegazers nell’animo, la band mette in piedi quello che sarà il set più oscuro di tutta la prima tornata.
Lieve impennata verso la fine, quando il Reverberi impugna le mazze per darle giù al tamburello difeso ai suoi piedi, in una jam prolungata con il gruppo: di momenti energici come questo se ne vorrebbero davvero di più…e su la testa da quelle scarpe!

07/07/07 Perturbazione + Deimos + Italian Breakfast
Emersione # 2
Poche buone nuove dal fronte emergenza: in un periodo come questo, di stanchezza ed opulenza del mercato, ci sarebbe spazio a sufficienza per mandare tutto al diavolo e riuscire ad essere davvero scandalosi. Invece la tendenza generale, anche nel sottobosco, è quella di accorparsi ai cliché più ritriti e il risultato sono brutte copie di brutti originali. Tutto il discorso ci porta agli Italian Breakfast, pop rockers con ambizioni elettroniche, un sound che più plasticoso non si può e una giovane vocalist, espressiva come soltanto una bella biondina come lei sa esserlo (questo mito della “voce gelida” ci ucciderà tutti quanti…). Va un po’ meglio con i Deimos, grazie alla maggior cura per vari passaggi e ad un indie di buona fattura, anche se immerso nei soliti testacci emoadolescenziali.
In questa selva di sonici e soundisti è davvero difficile spuntarla con un pop ironico ed intimista come quello che propongono i Perturbazione, ai quali è già stato appiccicato da parte degli addetti ai lavori un nomignolo degno della migliore camerata – indovinate quale…- Del resto, come ricordano loro stessi, a ribattezzarli ci avevano già pensato i giornalisti sempre specializzatissimi de La Repubblica, presentandoli come “i Vibrazione”; nonostante tutto questo, però, il gruppo riesce a farsi benvolere. Vuoi perché, malgrado le questioni stilistiche, qua sono praticamente di casa ( il loro cantante abita a neanche 200 m di qui ). Vuoi perché quell’ironia e quell’intimità al limite dell’imbarazzo presenti nei loro testi si rispecchiano appieno nella persona di Tommaso Cerasuolo il quale ama particolarmente, e chi frequenta i loro concerti lo sa, interagire col pubblico con chiacchiere e aneddoti personali.
Sta di fatto che i sei di Rivoli riescono a portarla a casa, con un set che parte in sordina ma riesce a crescere con il procedere del tempo: oltre alle svariate primizie di Pianissimo Fortissimo, gli alti della serata stanno fra la rivisitazione italiana dei Belle & Sebastian e l’inaspettata cover della battistiana “Amarsi un po’”, in un pulsante crescendo. Per la sempreverde “Mi piacerebbe” Tommaso scende fra il pubblico di aficionados delle prime file, prima di accomiatarsi ufficialmente: tornerà poi in solitaria sul palco per cantare a cappella un vecchio pezzo della Piaf che negli ultimi tempi sente particolarmente vicino a sé e alla sua band. La sua voce, che nelle ultime ore ha a tratti latitato, torna tutta quanta: no, i Perturbazione non rimpiangono nulla.

08/07/07 Petrol + MerçeViva + La Pioggia
Emersione#3
Sono passati ben tre giorni dalla data dei Sonic Youth, eppure lo strascico della loro esibizione è ancora pesantemente nell’aria. Lo dimostreranno le band in lizza stasera, portatrici più o meno sane di uno spirito noise che è decisamente duro a morire.
Piccolo inciso: non so se ve ne siete mai accorti, ma esiste in Italia tutto un filone di aspiranti rockstar che aderiscono così perfettamente alla categoria del rocker “ sono sensibile, scopami” da mandare in sollucchero Elvis Costello, legittimo coniatore e teorico della categoria stessa. Trattasi di complessi dal sostrato elettro-ritmico robusto, ma con una forte venatura melodica di cui solitamente si fa foriero il rispettivo frontman. Quest’ultimo è spesso impegnato a far intuire la propria sensibilità attraverso gli alti&bassi della sua voce, i toni rabbiosi in continua alternanza con il falsetto, che cade proprio in coincidenza dei passaggi più emotivi ( es. “…non sai che ti amo…” , “…tu dove sei…”). Di questa tendenza all’ultimo grido sono brillanti esponenti i nostri La Pioggia, i cui componenti sfoggiano ciuffi e look da emo (o da emo-zionati, come diranno loro) ma non disdegnano un finale in pompa magna,un’orgia chitarrista sopra chitarrista e chitarra sopra l’amplificatore, il trionfo del luogocomunismo rock che non si fa mancar nulla.
Qualche considerazione in più meriterebbe la Merçeviva offerta dal gruppo successivo, se non fosse per le tante influenze soniche di cui sopra: la predilezione per il parlato ( o meglio, per l’enunciato), le movenze del gruppo e del leader pagano pegno all’interfaccia italiano di Moore e soci, ossia i Marlene Kuntz .
Non a caso, subito dopo di loro, calcano le assi i Petrol, la nuova creatura di Dan Solo, anch’essi affetti da una certa tendenza per il monologo e la parola teatrata che ha contribuito ad uccidergli una buona prova in studio. Stavolta però le cose andranno diversamente: infatti, malgrado l’attitudine del suo vocalist “mi-è-caduto-il-mondo-addosso-ma-grazie-a-dio-non-mi-ha-scalfito-l’acconciatura”, la band tirerà fuori un suono enorme, concreto, totalmente assente nel disco. A fare la parte del leone è proprio il basso di Solo che, complice un provvidenziale abbassamento di voce , ridimensiona gli oratorii di Franz “johntravolta” Goria virando sulle svariate deflagrazioni strumentali: il risultato ne guadagna, con il giovane gruppo che impara a calibrare le proprie armi e a lasciare che sia la musica a fare il “talking”.