No Age – Weirdo Rippers

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Ero al punto di gridare al miracolo, ma poi mi sono fermato strozzando la voce, forse assalito da rimorsi e timori; ho successivamente ripreso forze ed energie, e magari senza urlare, ma ho comunque esultato. Sulle motivazioni torno a fine articolo. La prima volta che ho sentito parlare dei No Age è stato sul blog di Davide Gualandi, corrispondente dagli States per Blow Up che, ipotizzando di dover scegliere tra Deerhunter e No Age diceva: “…i No Age sono progetto esplicitamente passeggero e dunque puramente artistico. I No Age probabilmente non li vedremo mai e se non ci presentassimo con un certo biglietto da visita, faremmo una gran fatica ad ottenere i loro dischi. Ed alla fine, anche se non gliene frega niente a nessuno, la scena dello Smell di Los Angeles rimane per me l’esempio più sincero di cultura DIY oggigiorno. Forse l’unico plausibile… molte di loro non hanno mai suonato altrove (così come i gruppi che animavano il CBGB, pensa solo ai DNA di Arto Lindsay che non uscirono mai da New York). Insomma, i No Age vincono alla grande perché loro sono punk. Finita lì.”.
Lette queste parole, rimasi a dir poco incuriosito, per non dire, visto il paragone con la New York del CBGB, isterizzato dalla smania di ascoltare la band formata da Randy Randall e Dean Spunt.
Dopo brevi myspace assaggi, sono riuscito a recuperare ‘Weirdo Rippers’ solo da poche settimane; messo in heavy rotation su stereo di casa e iPod, mi ha davvero rapito: solido ma increspato, figlio della generazione post-punk losangelina primi ottanta, i No Age creano un impasto sonoro pazzesco, una visione contemporanea di una sequela di tabù frantumati after ’77, ruvidezza Ramones, rumorosità Sonic Youth e attualità con forse Lighting Bolt in primis.
La coscienza storica in questi ragazzi è un elemento da considerare con attenzione: non ci troviamo dinnanzi ad una band che semplicemente rivisita robe vecchie in maniera sterile e modaiola; le undici tracce contenute in questo albo (che poi albo a tutti gli effetti non è in quanto raccolta di brani tratti da singoli ed E.P. vari) evidenziano una digestione benissimo compiuta di tutte le influenze citate in precedenza. E se i contenuti sono più o meno quelli detti, pure la forma dice la sua: chitarra, batteria scarnificata, loopstation e voce con tantoammore. E l’energia prodotta è da spavento: un apparato abrasivo e psy che crea un muro di suono devastante.
Ed ora torno alla questione miracolo: i No Age incarnano l’hype del momento. Sono perfetti. E’ però questa perfezione dell’ora e qui che mi inibiva un po’, la paura che la carica dirompente dell’oggi potesse sfumare col tempo; il rischio c’è, palese, ma alla fine chissene. Every Artist Need a Tragedy…