Aa. Vv. – I'm Not There OST

Acquista: Data di Uscita: Etichetta: Sito: Voto:

Ci ha visto lungo (e giusto) l’ultimo video di dj Mark Ronson, quello per il remix di “Most Likely…”: dopo la pellicola di Todd Haynes in tantissimi hanno fatto crocchio intorno a Dylan. Una vera ammucchiata di riedizioni, biografie, antologie, tributi e celebrazioni, quasi un’esequie prima del tempo, e intanto Lui, il menestrello di Duluth… Lui non è qui: tanto clamore mischia attorno alla sua figura e non una volta che abbia palesato la sua faccia, o che si sia sporto dal propria torre d’avorio per concederci qualche parola d’oro colato.
Per la gigantesca colonna sonora di I’m Not There un’altra ventina abbondante di musicanti paga pegno a Sua Bobbità e il discorso, di fronte alle rivisitazioni dei giganti, rimane sempre lo stesso. Con materia prima come questa sembra difficile far male e quasi impossibile far meglio. Così si rischia di ritrovarsi fra le mani l’ennesimo, inutile elenco di celebrazioni, troppo cerimoniose per colpire davvero.
Ma… c’è un ma. Ma la storia di Dylan è una storia costruita anche e soprattutto sulle reinterpretazioni: di sé stesso, come il film di Haynes insegna, ma anche da parte degli altri: “Quando qualcuno riesce a esprimere meglio quello che io ho già detto, mi sento come autorizzato a ricopiarlo a mia volta” disse in un’intervista a Rolling Stone. E c’è da giurare che a parlare non sia tanto il poeta dispensatore di somme verità, sempre piuttosto schivo, ma piuttosto l’ infaticabile artigiano di canzoni, quello che definì “scandalosi” gli accordi dei Beatles e che non esitò a rubare gli arrangiamenti dell’amico Van Ronk. Magari nessuna di queste cover avrà lo stesso peso storico di una Mr Tambourine rifatta dai Byrds, o di un riarrangiamento dei Grateful Dead, ma gli spunti di certo non mancano…
Come la produzione di Dylan anche questa colonna sonora si divide in due filoni sostanziali, con relative backing bands d’eccezione. I Calexico sono responsabili del reparto folk, mentre per i rockettari è stato messo in piedi un apposito supergruppo: i Million Dollar Bashers che raccolgono cocci di Wilco, Sonic Youth e un John Medeski quantomai allucinato alle tastiere.
Nella tracklist si alternano brani dai più disparati periodi dylaniani, con un’attenzione quasi generale per i sentieri meno battuti. Tra quelli che invece proprio non riescono ad evitare il confronto col classicone di turno soltanto Antony riesce a dare nuova pelle a Knockin on Heaven’s door. Per quanto riguarda i restanti, invece, Mason Jennings si aggrappa alle sottane dell’originale per timore di sbagliare, Cat Power e Charlotte “tutta sussurri” Gainsbourg tolgono qualsiasi perfidia dai pezzi di ‘Blonde On Blonde’ e il buon Eddie fa il suo onesto lavoro su All Along The Watchtower ma praticamente nulla al mondo potrebbe reggere il paragone con quel pezzo d’arte che Hendrix incise quarant’anni orsono. Stephen Malkmus dei Pavement, in un eccesso di zelo rovina addirittura Ballad Of A Thin Man…va meglio con Maggie’s Farm, spezzatinata proprio come quella che sconvolse Newport. Meglio ancora John Doe che rivisita il poco apprezzato Dylan della trilogia cristiana a colpi di gospel e Mira Ballotte con il suo accento irish.
Poi ci sono gli Iron & Wine, nuovamente in coppia coi Calexico ed in crescita esponenziale per merito delle percussioni. C’è Ritchie Havens, un aficionado con ancora una gran voce che però non tornerà mai quelli di Woodstock C’è il genio estroso di Sufjan Stevens e quello rassicurante di Tweedy, sempre a suo agio con i vecchi repertori. C’è Jack Johnson che trasforma Mama You’ve Been On My Mind da ballad acustica a divertente talking blues guthriano. L’unico grande assente all’appello è il signor Cave, feticista dilaniano doc: a fare le sue veci nei panni dei bei tenebrosi un Tom Verlaine crucciatissimo e Mark Lanegan che, manco a dirlo, ricanta Man in the Long Black Coat. Per il resto la parata è al completo.
E Lui? Lui si concede ma solo a metà, materializzandosi infine sottoforma di una demo mezzo inedita, quella che dà il titolo a tutto il progetto…un po’ pochino, d’accordo, ma non c’è da disperare! Di qui a non molto potremmo anche rincontrarlo, valigia alla mano e magari in compagnia di qualche arrangiamento… “nuovo” da farci ascoltare.