Opeth – The Roundhouse Tapes

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‘Ghost Reveries’ è uscito da un bel po’ e ha ormai trovato il suo posto come “bel disco” (per qualcuno “capolavoro”) e tutti quanti si sta tranquilli, consapevoli che gli Opeth anche se sbagliano tirano fuori roba di alto livello, consapevoli che prima o poi si scioglieranno, dopo un bellissimo e lacrimoso album di addio con annesso DVD, consapevoli che sì fanno sempre la stessa roba un po’ ritrita ormai però dai, senti che stacco, che hammond, che atmosfera. E in effetti non è così sbagliato, dopo otto album, dopo un dvd dal vivo (‘Lamentations’) dalla setlist tanto magniloquente quanto pesantuccia, far uscire – per Peaceville, con un leggero colpetto di nostalgia – un doppio live su cd forte di una scaletta decisamente più dinamica e completa. Lo stacco tra una “When” e una “Ghost of Perdition” è piuttosto clamoroso, diciamocelo, e riassume perfettamente ‘sti oltre dieci anni di attività che gli svedesi alfieri del metal elegante si portano sulle spalle. Ed in effetti più si va avanti nell’ascolto più si percepisce l’alone di perfezione che doveva esserci quella sera al Roundhouse: la registrazione cristallina e apparentemente poco ritoccata lascia trasparire una formazione affiatatissima e decisamente presa a bene nel suonare con un’energia inaspettata una sfilza di pezzi tra i più riusciti e conosciuti; certo, con un frontman spiritosone e carismatico come il buon vecchio Michelino Akerfeldt non c’era da dubitare del buon feedback del pubblico, e per quanto io continui a trovare poco gusto nell’ascoltare album dal vivo (in ambito rock/metal, ovvio), non posso non ammettere l’elevata – e scontata, visto il nome di cui parliamo – qualità di queste Roundhouse Tapes: il brivido sull’attacco di “Blackwater Park” c’è stato, lo ammetto, e il siparietto finale prima della “Demon of the Fall” in chiusura è parecchio surreale. Gli Opeth. E se vi pare poco…