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Chi vi scrive ha avuto l’onore (oddio… onore… diciamo l’occasione) di suonare come apertura alla prima incarnazione di Lightspeed Champions: i Test Icycles.
Il ricordo? Un fulminato in jeans ultraskin e maglietta viola che si dimenava sul palco in una serie di contorsioni e spaccate, premendo a mano aperta i tasti di una keytar anni ’80 e strillando al microfono.
Un giudizio? Traumatizzanti.
E pensare che in realtà erano in anticipo di cinque anni buoni su Klaxons e compagnia… brutta.
Ritrovarlo dopo tutto questo tempo fa un certo effetto, soprattutto con una copertina così, dal tono volutamente retrò-vintage e quell’espressione nerdona che va un po’ di moda adesso stile Will.I.Am. Che ha fatto? Che gli è successo? Ma soprattutto, come ha fatto un tizio così schizzato a fare un disco così bello?
Ebbene sì, quest’album di debutto è un piccolo capolavoro, ricco di suoni classici e acustici come solo pochi album (‘Seachange’ di Beck su tutti) negli ultimi hanni hanno saputo avere.
Ci sono melodie “filastroccose”, echo e riverberi che fanno la gioia del dream pop, canzoncine agrodolci in perfetto stile Eels, tanti archi, tante acustiche, e un bel piano che risuona riempiendo ogni vuoto. Al tono scanzonato di molte composizioni, (Dry Lips, Galaxy of The lost), dal fare dinoccolato alla Pavement / Ed Harcout si contrappongono piccoli gioiellini soft (Salty Water, la lunga coda di No Surprise), che bilanciano perfettamente il disco, rendendo l’ascolto piacevole canzone dopo canzone. È un lavoro che mette addosso spensieratezza, e non è facile di questi tempi avere un disco così: schietto e diretto, semplice e immediato, strimpellato nei suoi quattro accordi e allo stesso tempo ricco di melodie che, in verità, non si stampano in testa (non sono così originali e caratteristiche), ma hanno il pregio di essere come un classico ritrovato su un vecchio vinile. Come la classica canzone che tutti, almeno una volta nella vita, hanno sentito ma “non sapevo fosse sua!”
Come abbia fatto un soggetto così a passare da scatti epilettici e new rave a questo indie folk non lo so. Per me possono averlo riempito di Valium, possono averlo chiuso in un garage pieno solo di vecchie acustiche e tastiere Crumar, può anche essere uscito fuori di testa, ma dubito visto che era già fuori “come un balcone” (cit.).
Qualunque cosa sia stata posso dire solo… grazie.