Boris: 操日本

Tolto il fatto che mi sono perso i Growing perché ogni volta vado al Circolo seguendo l’orario di inizio del concerto precedente e mi guadagno, alternativamente: un’ora di attesa nel cortiletto, la prima band che smonta gli strumenti – stavolta ho fatto ancora meglio, perché sono entrato e i Boris erano già sul palco – e dando per scontato che i Growing siano stati il miglior gruppo del mese, come è ovvio che sarà stato, così come è ovvio che molti si saranno rotti le palle e/o tappati le orecchie chiedendosi che cosa fosse quel casino indiscriminato a volumi pazzeschi (drone. Quello vero.), parliamo del concerto degli attesissimi giapponesi. Intanto sono quattro. Perché? Perché c’è Michio Kurihara alla seconda chitarra, di utilità piuttosto vaga e oltremodo molesto per il pubblico piazzato sotto il suo amplificatore con gli alti a mazzetta. Dietro Atsuo c’è un gong enorme, ai cui lati troneggiano due muri di amplificatori. Anche uno della Sunn O))). Wata è meno bella che in foto, ma fa la sua figura, la gestalt piccola donna asiatica + chitarra + riff rock'n'roll riscuote parecchio successo sul pubblico occidentale. Takeshi invece canta senza adeguata amplificazione, imbraccia la sua double necked e in pochi minuti tutto ciò viene sommerso dal fumo – riempirà, ad intervalli regolari, tutta la sala – mentre i quattro freddissimi (tranne il batterista, c’è da dirlo) Boris sciorinano senza troppe pause quasi tutto l’ultimo ‘Smile’ e probabilmente qualche pezzo più antico. Ammetto che non c’ho capito quasi niente, dato che il suddetto ultimo album non mi è piaciuto per nulla, tantomeno dal vivo, e che i suoni erano a tratti indecenti, con la voce quasi assente e le chitarre talmente distorte da abbattersi a vicenda senza permettere di distinguere i riff più casinari. Resto dell’idea che le ballatone dalle tonalità showgaze tipo Flower, Sun, Rain non siano pane per i loro denti, così come continua a non piacermi l’andazzo che hanno preso dopo l’innocuo stonerino di ‘Pink’, indeciso tra un recupero in chiave ironica (?) di un certo prog giapponese settant-ottantiano innestato su una base più noise-rock che poco morde e spesso annoia, condito da qualche posa di troppo. Avrei pagato oro per farmi sparare in faccia ‘Heavy Rocks’ e una buona mezz’oretta di drone potentissimo alla ‘Absolutego’ o perfino di noise insensato alla ‘Vein’ ma temo che siano passati troppi anni da quei Boris. Qualcuno l’ho sentito dire che “ormai suonano indie-rock con i volumi troppo alti”: forse non era così distante dalla realtà, e nonostante la mirabile carriera e il pubblico che li seguirà in qualsiasi svolta decidano di prendere nei prossimi album, io mi dissocio con un certo dispiacere.

Foto di stonedking