Dadamatto – Il Derubato Che Sorride

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Cosa hanno in comune il pausiniano Marco, scappato via perché omosessuale, Mary, che non sa di morire di domenica, la primavera che esplode addosso e Walter, ammazzato per abuso di leggerezza? Niente della cupezza che ci si aspetterebbe da un disco che sparge senso di morte come neanche l’impollinazione a primavera. Anzi, tutti i personaggi e le situazioni musicali che costruiscono il corpo del secondo lavoro dei Dadamatto, giovanissima band da Senigallia, non sono uniti da un fil noir narrativo e devastante quanto da un’ironia sottile, fresca e intelligente, da un profondo senso di costruzione della struttura melodica che, se paragonato all’irruenza cieca del precedente ‘Ti Tolgo La Vita’ e contando solo lo scarto che li separa, un anno, si configura come l’agognato incontro – perché no, quasi ingenuo – tra tensione angolare, “ansia del punk” e leggerezza melanconica che fa da collante. Il disco favolosamente regge, anche e soprattutto dall’alto delle sue citazioni, verrebbe da dire uno dei pochi dischi che si può permettere di mettere insieme Pasolini, Modugno, field recordings e Rodari e cantare di cagate e ubriacature. Insomma, il lavoro è micidiale e dalla sua ha almeno quattro canzoni meravigliose (Marco se n’è andato, X Mary, Il mio amico Michele Grossi e A maggio spuntano le rose), tutto il resto coniuga perfettamente l’anima pop(olare) del gruppo con tutti i riferimenti del caso (fatto sta che suonare una filastrocca come la suonerebbe Albini non è impresa da tutti, Al cinema), ed è una delle migliori cose italiane che potrebbe capitarvi in mano quest’anno.