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Tomas Lindberg è in grande attività, si infila in gruppi che non arriverebbero oltre la loro cerchia di fan oltranzisti e li porta sotto i riflettori delle grandi etichette, si dedica al suo amato crustcore diy, gigioneggia con Shane Embury in seratine grind, passa l’estate in tour con gli At the Gates, ma dopo tutto ora ha un gruppo con il quale starebbe portando avanti – secondo lui, ovvio – ciò che era finito, nel 1995, dopo Slaughter of the Soul. Che i The Great Deceiver fossero la logica continuazione di quel percorso lo diceva da sempre, anche quando molti, ascoltando ‘Terra Incognito’, si chiedevano cosa ci fosse degli At the Gates lì dentro. Adesso basta ascoltare l’attacco di Lifeline Lost per ritrovare quella commistione di death melodico svedese e hardcore che gli At the Gates intuirono tredici anni fa; ci si risente a casa, partendo da dove il disco precedente lasciava il segno (In the Wake of Progress, anthem del disincanto urbano con ritornellone di pancia), spesso più sbilanciati verso l’hardcore dritto e tirato, talvolta nervosissimo quasi a richiamare i Converge – Running With Scissors – costruito con semplici ma accattivanti intuizioni ritmiche su linee melodiche annegate nelle chitarre secche e effettate che da sempre caratterizzano il sound degli svedesi (The Big Radiating Nothing, A Life Transparent), aggressivo e ruvido (Escape Plan Routed), cucito sui rantoli disperati e rabbiosi dedicati dal buon Tomas a tutti i suoi fans, che non potranno non godersi il “riassunto” di vent’anni di carriera rappresentato da questa uscita, e a tutti gli appassionati di metalcore – quello vero – che non dovrebbero sottovalutare la varietà e la completezza dell’ultimo parto in casa Great Deceiver.