Equus – Eutheria

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Equus significa post-prog in salsa vagamente kraut di provenienza hardcore – provenienza solo nominale perché non c’è da aspettarsi chitarre abrasive o ritmiche sostenute, semmai solo una perenne atmosfera di incombente disastro, di nervosismo diluito in intrecci spesso accostabili ai King Crimson più matematici: su tappeti di chitarre loopate e ritmiche scarne si adagiano tastiere e mellotron ossessivi, talvolta si intravedono somiglianze con le atmosfere di certe derive Isis o Red Sparowes mentre la mole delle due lunghe suite Hyracotherium e Orrorin Tugenensis stranisce, disgusta e, dopo svariati ascolti, conquista. Tutto sta nel non ricercare intuizioni, momenti, armonie, ma abbandonarsi all’ascolto passivo, sognante, quasi disinteressato, volendo coaudivato da sostanze psicotrope, grazie alle quali il lavoro degli elvetici sulla ricorsiva e tribale coda Epona fornirà la giusta chiave di lettura per un disco del genere. Niente di fondamentale, sia ben chiaro, a tratti risulta prolisso e un tantino monotono, ma almeno non è il solito disco post-rock. E neanche il nostalgico disco krauto. E neanche la solita porcata math. E poi produce Sir Bob Weston, e il tocco di Chicago si sente tutto.