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Se il secondo disco di Herself di un paio di anni fa intitolato ‘God is a major’ mi aveva sorpreso per l’ottima fattura e per l’intensità dei pezzi, questo seguito ‘Homework’ mi piace ancora di più. Se il rosso brutale della copertina era un invito a fermarsi e ascoltarlo, ora invece ci si ritrova con colori tenui, un bianco e una piccola immagine rurale di tranquillità. Ma non è tutta quiete quella che si nasconde dietro le composizioni di Gioele Valenti, anzi è proprio sull’inquietudine crescente e su sentimenti di forte contrasto sciolti in una pozzanghera di suoni che si snodano le 9 tracce del disco. Se la direzione rimane la stessa che in passato, lo sviluppo si fa vivace e sorprendente. A partire da King kong, delicata, poetica e sognante ma con un finale sui generis, alla ossessiva, peculiare (e favolosa) Hate 1, dalla quanto semplice tanto efficace Meet Miriam at the park alla più classicamente indie folk pop lo-fi To an old friend, fino alla conclusiva Between two starz, Herself riesce a dare con poche precise pennellate (il disco è stato suonato al 99% da lui) un’impronta personalissima e convincente così che il risultato finale sia ancora più compatto ed efficace di quanto già le composizioni precedenti in realtà erano. Ma soprattutto ‘Homework’ risulta un insieme di bellissime canzoni, cosa non facile di questi tempi.
Bisogna proprio dire che il ragazzo, già promettente, ha fatto i compiti a casa.