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Quello dei Rhomer potrebbe sembrare un nome nuovo, ma in realtà rappresenta la nuova incarnazione dei Finisterre e dei Maschera di Cera, formazioni genovesi ben note nel mondo del progressive. Dopo quelle esperienze alcuni di loro si sono dedicati a progetti solisti, come il bassista Fabio Zuffanti, autore nel 2007 di un bel disco di cantautorato dalle tinte kraut per Marsiglia Records, e Agostino Macor che con la sigla Mckor propone un’ottima elettronica psichedelica.
In poche parole gli artisti che danno vita al progetto Rhomer hanno accumulato negli anni un bagaglio musicale non indifferente, e lo riversano tutto in questo album, il cui pregio principale sta sicuramente nella rarissima capacità di suonare musica indiscutibilmente progressive aggiungendoci venature elettroniche, momentanee incursioni jazzistiche e atmosfere inconsuete per questo genere musicale.
I brani del disco si alternano con delicatezza e grazia evocativa, per tutto l’album si respira un’atmosfera rilassata che permette però di apprezzare con maggior cura il punto di forza della musica dei Rhomer, ossia le minime variazioni, le piccole particolarità sonore che vanno a impreziosire la trama delle canzoni.
Unica pecca del disco è la presenza di alcune sonorità eccessivamente datate per i miei gusti, come quelle che introducono la comunque ben riuscita Lhz. Nonostante questo comunque prendendo l’album nel suo complesso abbiamo a che fare con un ottimo lavoro, capace di dimostrare come un’impostazione tradizionalista sappia aprirsi ad altre forme musicali con risultati più che notevoli, grazie anche a musicisti dalle capacità altissime.