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I Larytta sono in due e sono svizzeri. All’anagrafe fanno rispettivamente Guy Meldem e Christian Pahud e la loro musica è qualcosa che riesce miracolosamente a suonare come canzoni di Robert Wyatt remixate dagli Hot Chip (che poi gli Robert Wyatt abbia rielaborato canzoni tratte da ‘Made in the Dark’ degli Hot Chip ed il tutto sia stato documentato in un EP è solo un modo per chiudere il cerchio definitivamente e confermare la tesi che sostiene che gli Hot Chip abbiano dato alla musica contemporanea più di quanto vien loro riconosciuto – ma non è questa la sede per parlarne). E dunque pop moderno, modernissimo, con un’anima electro e/o techno e/o R&B a seconda dei casi e delle situazioni, ed un tribalismo ancestrale di fondo che rafforza il tutto e lo rende addirittura in anticipo sui tempi che corrono.
‘Difficult Fun’ è il primo album dei Larytta e, detto per inciso, è un disco che potrebbe finire contemporaneamente su Blow Up e su Vanity Fair senza scandalizzare nessun lettore-tipo di queste due riviste. Un disco innovativo e fortemente sperimentale, ma nello stesso tempo tradizionalista ed immediato. E cioè: voci che ipnotizzano, loop di chitarra e beats asimmetrici come in Bauch Amp accostate alle melodie orecchiabili (ma mai scontate) di Love Love Odissey, ai ritmi afro-trance in odor di Konono N°9 di Ya-Ya-Ya, ai giochetti vocali a-la Mr. Bungle epoca ‘California’ di The City Walls> e alla minimal techno di Spoiled Kids. Tutto molto bello, tutto molto fresco e puro, con in sovrappiù una alone di DIY che non guasta mai.
Non ci si capisce più nulla perché i Larytta sanno come sparigliare le carte ma nello stesso tempo riescono a suonare rassicuranti, però Difficult Fun è davvero un gran disco e dei Larytta in futuro si sentirà parecchio parlare. Se poi un produttore di grido come Timbaland decidesse per caso di lavorare con loro potrebbe nascere qualcosa che verrà tramandato ai posteri.
Ma non corriamo troppo.