The Warlocks @ Circolo degli Artisti [Roma] 9/12/2010

Attitudine e visuals: Una serata sospesa tra robuste visioni psichedeliche e narcotiche cavalcate acustiche. I Warlocks  salgono sul palco dopo il live dei Tre Allegri Ragazzi Morti, ammaliando il pubblico tra riverberi allucinogeni, luci caleidoscopiche e LSD di suoni. Sin dalle prime note, la band evoca mesomerie “lontane” (Grateful Dead, Velvet Underground), madide di nerborute distorsioni sonore. Sommerso da un alone di magia fluorescente, liquida, calda e rarefatta al contempo, Bobby Hecksher canta, suona e si dimena posseduto dal sound acido e potente, ben sorretto dalle vibrazioni delle due chitarre (John Christian Rees, Earl Vincent Miller), dal timbro deciso della batteria di Phillip Haut, dal basso deformato e greve di Mami Sato, in un sapiente loop di progressioni magnetiche.

Audio: Eccellente. L’arcobaleno sonoro è globalmente percepibile. Il volume di ogni strumento si fonde sapientemente con l’altro senza sovrastarlo, ma dando grande luminosità d’ascolto all’apparato chitarristico. L’intensità del cantato di Heckesher è perfettamente udibile e in sintonia col resto.

Setlist: Lunghe suite di brani energiche, intense e dall’essenza estatica. Si parte con Red Camera e si attraversa via via il muro di alterazioni acustiche con: Isolation, So Paranoid, Dope Feels Good, Stickman Blues, Hurricane Heart Attack, Angri Demons, Baby Blue. Sul finale si assiste a un tripudio di ripetuti bis, godendosi l’estasi dell’inedita Eyes Jam, le esplosioni sonore di Zombie Like  Lover e i miraggi acustici di You Make Me Wait.

Momento migliore: L’empatia “psichedelica” instauratasi tra Hecksher e il pubblico durante tutto il live. Il frontman accarezza gli spettatori col suo canto; li lusinga tra un bis e l’altro; li sfiora con le sue movenze serpentine, mentre la chitarra li “accoglie” nel suo elettrico abbraccio.

Pubblico: Una sala “sinaptica”, più o meno gremita, di spettatori attenti e travolti dalla titanica potenza del concerto. Un pubblico venuto appositamente per ascoltare i Warlocks, fusosi ad alcuni “spaesati” fan dei TARM, trovatisi lì per caso.

Locura: Un “allegro ragazzo morto” e ubriaco, che danza in stile kraftwerkiano, accompagnato da un insolito amico occhialuto e ricciuto, entrambi simpaticamente e totalmente ignari dell’esperienza neo-psichedelica in corso.

Conclusioni: Un concerto policromo; un live che proietta superfici stranianti e dilatate nella violenza lisergica del suono. Un’esibizione più coinvolgente, imponente e ipnotica dei Warlocks in studio.

Le foto sono di Federica Agamennoni