Dva Damas – Nightshade

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Pensi a Los Angeles, invece è Sighisoara; L’anagrafe (“Duh-Va-Dhu-Mas”) ne conferma ipotetiche e malsane radici mediante lo slang dei Drughi – Il Nasdat, la lingua artificiale Aglo/Russa a firma Anthony Burgess usata nel film “Arancia Meccanica” Ndr -. Taylor Burch e Joseph Cochrell partiti nel 2010 con un 10” in vinile bianco tinto d’irriverente Goth-Garage, debitore tanto di Lux Interior (Cramps) quanto di certo Post-Punk nostrano ingiustamente dimenticato – Ricordate i Kas Product? Ndr -, centrano il debutto irrinunciabile per ogni serial killer.

Un viaggio nel maligno: atmosfere fumose da pellicola noir anni ’50 e controllata baldanza da motorik Teutonico, scorgono tra la foschia un malefico ghigno No-wave. Una valle intossicata, drogata da sinistre figure emerse dal quotidiano “Babes In Boyland“, e scossa da nette frustate esistenziali “Half Mask“, vacue fantasmagorie di un trip andato male. Apre raccontando di ombre notturne, chiude con l’effettistica da casa degli orrori di “Living Again (Hawkline)“. Vlad III di Valacchia avrebbe oggi con che musicare il rito dell’impalazione.

[schema type=”review” name=”Dva Damas – Nightshade” author=”Alessandro Rossi” user_review=”5″ min_review=”1″ max_review=”5″ ]