Linea 77 – Oh!

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Qualcuno di voi ha presente “Il Concerto delle menti” dei Pholas Dactylus? Erano gli anni ’70, e la suddetta band, con uno stile prog tanto incline al metal quanto alla psichedelia, intraprese un viaggio allucinante in sella ad un tram, per sondare la potenza immaginifica del nostro cervello, ed abbattere i confini dell’ordinario, verso nuove dimensioni lisergiche. Un disco straniante ed inquietante. C’è da dire che, dopo quel viaggio, il tram dei Pholas Dactylus non è mai più tornato indietro. Chissà dov’è andato a finire. Invece l’autobus dei Linea 77, che aveva rischiato anch’esso di staccarsi dai binari della realtà, si presenta oggi con un rinnovato tragitto, grazie anche alla riforma amministrativa dell’INRI: dieci nuove fermate, per tornare a sfrecciare sull’asfalto. A ben vedere, un viaggio non meno allucinante rispetto a quello dei Dactylus. Si respira smog. Si respira alienazione. Insomma, si respira aria di casa.

FERMATA NUMERO 1: “PRESENTAT-ARM!”

L’autobus corre all’impazzata lungo la periferia del cervello, lontano dal centro, lontano dal senso, alla ricerca di esso. Facciamo appena in tempo a guardare dal finestrino: è una città abbandonata quella che ci passa affianco. La Fabbrica dell’odio. Manifesti di gruppi Hardcore rumoreggiano sui muri. Dagli altoparlanti una voce dal film “Frankenstein Junior” ci ricorda dove siamo: sull’elettroencefalogramma del mondo, del nostro mondo, detto moderno. Il Punk dei Ramones, dei Dead Kennedys, e ”la forma del punk che verrà” dei Refused sono al timone di guida. “Frankenstein” o “Frankenchrist”? I poveri cristi, non certo quelli di Brunori Sas, sono i giovani soldati, vittime della patria potestà. La leva obbligatoria oggi è la nevrosi, e fa rima con Lexotan. Eccoli i Frankenstein Juniors, cani al guinzaglio della gioventù sonica, rattoppati e ricuciti a suon di musica, alcol, e psicofarmaci. Una voce grida: “All’arme!”. O forse “Allarme”? Ad ogni modo, la guerra lampo dei Linea 77 inizia qui.

STAZIONE NUMERO 2: “LUCE”

Luce! Motore! Azione!
Come no! Magari! Queste sono “luci che accecano in disperati silenzi“. Questa è una “luce che non c’è“. Dal finestrino vediamo un uomo che avanza solitario sotto un cielo che piange. Avanza a testa bassa. Piange anche lui. Le stesse domande di sempre, le stesse domande senza risposta, si riflettono nello specchio dell’hardcore. E Alice, che se ne sta beata e spiaccicata in copertina, cosa troverà una volta attraversato lo specchio? Nuovi enigmi, nuove domande. Si estrapola in extremis una citazione di Ungaretti dal kit del pronto soccorso, perché infondo “Si sta come d’Autunno sugli alberi le foglie“. “Oh!” è anche e soprattutto questo: riff granitici, accelerazioni hardcore, liriche intimiste, accostamenti audaci. Si continua.

FERMATA NUMERO 3: “DIVIDE ET IMPERA”

Divide et Impera” tenta la carta del crossover perfetto: Hip-Hop + Elettronica + Refused. Le liriche di En?gma, Dade e Nitto si scagliano contro i nuovi fascismi, contaminandosi a vicenda. Dagli anni ’70 ad oggi le cose sono cambiate, e la Strategia della Tensione ha ceduto il posto alla Strategia della Dispersione, perché un popolo diviso ed alienato è più facilmente controllabile. Alle voci dei nostri si sovrappone un canto femminile, un po’ come ai tempi di “Ketchup Suicide” . Dal vetro del bus 77 non si vede più una città, ma un film horror, imbrattato di fantascienza distopica. Purtroppo è realtà, anche se pare illogica. “Hombre! Rileggiti George Orwell!”. Prossima Fermata Inferno. Ah, dimenticavo, il presidente di questo lercio municipio è sul libro paga di Big Bro.

FERMATA NUMERO 4: “ABSENTE REO”

Il poker iniziale di caseggiati in fiamme si chiude con “Absente Reo“. “Il progresso richiede il continuo consumo”. La rete sociale cinguetta, ma è il canto di una ragnatela, in cui l’uomo è tappezzeria. Altre domande si affollano nella testa. Chi è il perdente? Chi il vincitore? Ma soprattutto, chi è il colpevole? Chi è il responsabile di tutto questo? In assoluta solitudine, e in assenza di certezze, si procede per esclusione.
Per chi scrive il brano migliore del disco.

FERMATA NUMERO 5: “IO SAPERE POCO LEGGERE”

L’intro ricorda vagamente il mondo dei Subsonica. Pochi secondi dopo si torna a sprofondare nell’incubo suburbano. La frase “Andate a farvi fottere“, stampata nel ritornello come una scritta su un muro fatiscente, può rievocare “Charlie fa Surf” dei Baustelle. E forse, dico forse, non siamo così lontani a livello di tematiche. Quel che è certo è che qui i Linea 77 danno al loro punk una boccata d’ossigeno in tonalità maggiore, che prima saetta, poi si distende nel refrain, mentre la batteria martella costante. Shakespeare, Yves-Saint Laurent, le “donne fantasma dell’Afghanistan“, tutto fa brodo nel calderone del declino occidentale. “Il valore della resistenza ad un universo che appare già dato è oramai un involucro svuotato”. Essere o non essere? La seconda che hai detto.
Quelo docet.

FERMATA NUMERO 6: CAOS

Dove l’hardcore si tinge di metal. Ai passeggeri si unisce Sabino dei Titor, che aggiunge bile al reparto vocale. Il Caos come orizzonte universale. Ma non lasciamoci ingannare dalla violenza e dal nichilismo, perché la crisi di valori è anche un’opportunità, che implica una scelta, come ad esempio non scegliere. La scelta peggiore ovviamente.

FERMATA NUMERO 7: “COME STANNO VERAMENTE LE COSE”

La miscela crossover qui appare sbiadita. Gli ingredienti sono gli stessi, ma il gusto è meno deciso. A furia di guardare programmi di cucina il mio lessico si sta impoverendo.

FERMATA NUMERO 8: “L’INVOLUZIONE DELLA SPECIE”

Se tiri un dado esce zero“. Ogni possibilità è preclusa. L’onnipresente nichilismo, lungi dall’essere un sano scetticismo, è la nuova fede negativa. Sappiamo solo in che cosa “non” crediamo. E non crediamo più in niente. Umanità compresa. Semplice, quanto esiziale. L’involuzione della specie rappresenta, in negativo, la naturale conseguenza.

FERMATA NUMERO 9: “ZERO”

Cambiamo tutto per non cambiare niente“. Riecheggia il Gattopardo nelle liriche della canzone che preannuncia la fine del tragitto. Gli spunti per riflettere, anche qui, sono molteplici.
Il protagonista di questo “soliloquio per due”, simile ad un novello Edward Norton che attende la sua venticinquesima ora, si confessa faccia a faccia con lo specchio. Qui è forse il senso di tutta l’operazione: partire da noi stessi per guardare il mondo con occhi diversi, con ironia, e rinnovata consapevolezza. E non è un bel guardare.

FERMATA NUMERO 10: “NON ESISTERE”

All’inizio sembra quasi di sentire “Dark Entries” dei Bauhaus. Poi esplode il trascinante intreccio strumentale del brano a firma Fluxus. Il contributo vocale di Franz Goria non poteva mancare. “Si confondono i colori“, ma noi non riusciamo a “non distinguere”, a “non esistere”. Nulla da eccepire. I Linea 77, che apportano alcuni cambiamenti stilistici in fase d’arrangiamento, chiudono in gloria con la cover di uno dei brani più intensi del rock italiano anni ’90, e non solo, che ora trova, in questa collaborazione, il suo meritato tributo. Manifesto filosofico.

Ne è passata di acqua sotto i ponti attraversati dalla Linea 77: l’uscita di Emiliano Audisio dalla band, la piaga egizia abbattutasi sull’ep “C’eravamo tanto armati” (di cui vengono recuperati qui due brani: “Io sapere poco leggere” è “L’involuzione della specie“), la nuova vita artistica con l’etichetta indipendente INRI. Eppure la band sembra quasi ringiovanita. E aggiungo: incazzata come non mai. Lo testimonia un disco che dalla prima all’ultima traccia mena come Stallone durante l’ultimo round di Rocky III. Ok, forse non è l’esempio più adatto. Perdonate i miei paradigmi culturali.

In termini di compattezza, di energia, e di efficacia delle liriche, “Oh!” è probabilmente il miglior album mai pubblicato dalla band. Il mio unico auspicio è che la ricetta, che prevede uno spoken-word indiavolato, alternato a parti più melodiche, sorretto da un punk ibridato col rock e col metal, non smarrisca definitivamente lo spirito transgender di un disco come “Numb”. Frastornato scendo dall’autobus. Sono arrivato al capolinea. Dove tutto finisce. E dove tutto ricomincia. Dal cielo vedo piovere un bolide. Che sia il tram dei Pholas Dactylus? O qualcosa di molto peggio? “Ai posteri l’ardua sentenza”.
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