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23 marzo 2015 | Amazing Record | therapy | ![]() |
“Che cosa starebbe facendo il protagonista di ‘Troublegum’ venti anni dopo?”
– Andy Cairns
Non è poi così facile passare dalla sperimentazione oscura a sonorità più dirette. Specialmente per una band capace di muoversi mediante la raffigurazione di un’umanità decadente sempre ben sottolineata dalle copertine dei loro lavori. Per quanto risulti iconografica quella testa infilata nel cassonetto (Troublegum), oggi è un volto coperto da un velo insanguinato a rappresentarli. Insomma, in ventisei anni di carriera, i Therapy? hanno attraversato diverse mutazioni d’approccio rimanendo sempre fedeli alla propria estetica.
Disquiet è un ritorno alla vecchia maniera. Come lo stesso Andy Cairns ha affermato, il lavoro risulta totalmente privo di manierismi, scegliendo l’urgenza come modus operandi. Prodotto da Tom Dalgety (Royal Blood / Band Of Skulls / Turbowolf) nei Blast Studios di Newcastle-upon-Tyne, è un album costruito sulla tensione. Qualcosa capace di giostrare fra melodie lineari, e fulminee strutture dall’animo feroce e tangibile. Una sorta di spirito guerrigliero aleggia tra le partiture ritmiche che fanno della semplicità il loro punto di forza, e a tratti di debolezza, ancorandosi a crudi e aggressivi riff. La compattezza alternative si mescola così a dubbi e turbamenti ben descritti nei testi.
L’album risulta comunque apprezzabile quando mescola armonie e brutalità “Still Hurts”, esaltando il proprio lato decadente “Good News Is No News” creando trame ipnotiche “Idiot Cousin”. Spiccano i demoni di Insecurity, la ribellione anfetaminica di Vulgar Display Of Powder e la cupa cadenza di Deathstimate.
Disquiet si allontana dunque dalla vena oscura e sperimentale di Infernal Love avvicinandosi agli intenti di Troublegum. Alterna momenti ben piazzati ad altri forse un po’ troppo trascurabili e, tra le righe, fonde entrambe le sensazioni di smarrimento e immediatezza espressiva. È un album dalle sembianze dicotomiche, che alterna visioni ritmiche semplici a tenebre compositive, rendendo l’inquietudine stessa più accessibile.