Blacklisted – When People Grow, People Go.

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Lo chiamano Charles Bronson. Vive in periferia. In un posto dimenticato da Dio. Ultimamente, ai tanti problemi che ha, se n’è aggiunto un altro: sua figlia, appena quindicenne, è una di quelle che si getterebbe nel fuoco, pur di avere fra la mani un biglietto con su scritto “One Direction”.

E così il nostro anti-eroe, per riportarla sulla retta via, e aiutare la comunità ad esorcizzare il lato oscuro, ha deciso, vendendo l’anima al diavolo, di aprire un locale dove si suoni solo musica per cuori selvaggi. Cosa non si fa per i figli! “Deathwish”, così recita l’insegna del posto. Un nome che ricorda una celebre saga di filmacci con Bronson, ma anche un’etichetta musicale indipendente, battente bandiera americana, specializzata nell’hardcore e nei suoi derivati. La “Deathwish Inc.”, per la precisione.

È di norma, in questo locale notturno, ascoltare dischi come “When people grow, people go” dei Blacklisted, cattivissima band di Philadelphia che picchia duro sulla carcassa dei giorni futuri, concedendosi, e concedendoci, pochissime pause.

Fra ritmiche mozzafiato, schiaffeggiate da feroci fill di batteria (“Burnt palms” in primis, e a seguire le altre), corde vocali sulla lista nera del foniatra e corde elettriche che calpestando lo zerbino dell’hardcore bussando alla porta del Grind, emerge, dalle viscere di un rallentamento stoner, un lirismo struggente, come nella title-track, posta a conclusione dell’album.

“There is no easy way to explain:
when people grow, people go!”

E cosa dire della splendida copertina, con quel bambino che si affaccia, timoroso, dietro la porta della vita? L’immagine sembra suggerirci la breve storia che, in una sequenza di “Inland Empire” di Lynch, Grace Zabriskie racconta a Laura Dern:

“Un bambino un giorno andò fuori a giocare
Nell’uscire dalla porta egli causò un riflesso.
Il male era nato e seguiva il bambino”

Direi che il giustiziere della notte, al momento, può fare sogni tranquilli.
O forse “incubi” ?