The Good The Bad And The Zugly – Hadeland Hardcore

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«Oil is thicker than blood. Welcome to Norway, bitch»

Quello che succede quando gli scandinavi decidono d’imbracciare gli strumenti, ha spesso del magico. In ambito Rock possiedono una capacita d’assimilazione degli impulsi esterni unica, associata ad una vena creativa fuori dal comune. La Norvegia poi è all’avanguardia in questo: vi dicono nulla band del calibro di Turbonegro, Gluecifer e Motorpsycho? Spero di si.

Nel 2013, quando uscì l’esordio dei The Good The Bad And The Zugly, al primo ascolto caddi letteralmente dalla sedia: sembravano la reincarnazione dei Turbonegro periodo Ass Cobra. Una Bomba talmente potente la cui esplosione è stata udita ben al di fuori delle terre nordiche. Due anni dopo tornano con questo “Hadeland Hardcore” ma lo fanno per scrivere una pagina di storia. La prima mossa è quella inerente al frontman. Uscito di scena Lars Dehli – voci non confermate parlano di cure psichiatriche per lui – la band decide di fare una scelta ben precisa che cambierà in parte anche l’estetica stessa del progetto. Assumono Ivar Nicolaisen, già frontman dei grandiosi e sottovalutatissimi Silver, aumentando la potenza del motore e la cupezza delle composizioni.

Mixato e prodotto da Tommy Akerholdt, il risultato è un crogiolo d’istinti oscuri in salsa Hardcore. Come se i compianti Silver avessero deciso di riformarsi per conquistare il mondo del Punk grazie ad un’avvenuta ed ulteriore maturazione capace di aggiungere, al già consolidato canovaccio, le chitarre dei Turbonegro e l’urgenza dei Black Flag. Ma non si venga tratti in inganno dai nomi altisonanti, dato che le influenze, questa volta per davvero, vengono trattate come tali ed utilizzate per giungere ad un prodotto, si di genere, ma dalla qualità e personalità smisurata.

Aprono con una domanda. Chi salverà il rock Scandinavo? – mutuando una delle tante spacconate “We Save Rock’n’Roll” dei Turbonegro – La risposta è solo una: loro. Poi, appena Ivar nella successiva “Hate Will Get Us Everywhere” attacca con voce straziante il refrain – Die! Die! Die! – il cuore si apre, lasciando campo libero alla pelle d’oca che investe come un’onda d’orgoglio Punk tutto il corpo, irrimediabilmente. Siete dentro. Loro da padroni, vi costringono nel pit: dolore e passione, orgoglio e sudore, storie di sconfitta e pece. Aperture melodiche strazianti – Way Out West – e chitarre abrasive, Poision Idea e nichilismo – L.T.M.F – in un tripudio di riff pesanti che a tratti lambiscono il trash metal.

Per chi vi scrive “Hadeland Hardcore” rappresenta il vademecum per chiunque voglia confrontarsi con la materia Punk nel 2015. Un disco importante, potente, fondamentale.

There’s a light at the end of the tunnel.