Idlewild – Everything Ever Written

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Dei primissimi Idlewild e di quelli apprezzati nel periodo “The Remot Part” (2002) – sospesi tra Coldplay e Gene, capaci di realizzare pezzi intrisi di lirismo in salsa MorrisseyAmerican English” – si sono ormai perse irrimediabilmente le tracce, e la cosa non fa neanche più notizia. Inoltre, già dal precedente “Post Electric Blues” (2009), i nostri hanno ben deciso di abbandonare tutte quelle sonorità prettamente “English”, fulcro portante dei loro lavori più riusciti, indirizzandosi verso un sound americano con riferimenti espliciti a Rem e Springsteen.

Dopo 6 anni “Everything Ever Written” continua nella medesima direzione, spostandosi verso certe sonorità Country/Folk a là Jayhawks – anch’essi ispirati dal Folk della tradizione (statunitense) che rielaborarono e attualizzarono tuttavia mediante la propria estetica. Ecco, proprio quello che gli Idlewild ancora non hanno fatto e forse non faranno mai.

Canzoni che scivolano via senza mordente, completamente anonime e con un filo di non sense. “Collect Yourself” ad esempio, possiede un attacco iniziale da cui emergono chitarre in stile Oasis, poi bruscamente interrotte da uno stacco Funky davvero discutibile. “Come on Ghost” scivola via eterea ed impalpabile come il fantasma del titolo. “Nothing I Can Do About It”, il pezzo più riuscito del disco – e data la mediocrità del contesto non lo si prenda come un gran complimento – riprende (per fortuna) l’attitudine Indie dei primi lavori e forse salva l’album da un giudizio ancora più critico. “Like a Clown” infine, si presenta come un pezzo dei Lynyrd Skynyrd (mi perdonino per l’accostamento) senza possedere un briciolo dell’intensità messa in scena dalla grande band di Jacksonville. Un’occasione decisamente mancata per gli Idlewild.