Wavves – V

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Siete sulle spiagge di San Diego con in braccio il vostro skate, a torso nudo, con tutta la spensieratezza che il mondo possa offrirvi in quel momento. Incrociate Nathan Williams. Vi invita ad un super-party alcolico nella sua abitazione con tanto di prevedibili contorni stupefacenti. Conoscendo il soggetto e cavalcando il momento, non esitate a farvi attrarre dalla musica che riecheggia dal suo alloggio, munito di piscina. Il clima è ovviamente prevedibile, degno dei più sbandierati scenari da film americano à la American Pie o da video di Blink e Sum41. Tutto questo è fantastico perché siete adolescenti, quindi continuerete a cavalcare l’onda del vostro incontro fortunato.

Nathan WIlliams – fondatore degli Wavves – su quell’onda ci vive: e la cosa si ripercuote sulla sua musica. Una spensierata semplicità compositiva che inizialmente risulta persino coinvolgente – Heavy Metal Detox e Way too much –, seppur tutta questa linearità finisca per rasentare la sufficienza, se non la banalità.

Il punto è che manca ancora lo step successivo al buon King of the beach – se calcoliamo inoltre lo sterile tentativo di distacco dalla propria etichetta da “eterno teenager” messo in atto con Afraid of Heights. Pezzi come Pony e All the same appiattiscono l’entusiasmo iniziale suscitato dal clima al vostro ingresso, e le successive My head hurtsHeart Attack suggeriscono di andarci piano con birra e superalcolici, prima di diventare paranoici o di annoiarvi con le successive tracce.

V è un disco che non vi chiede nulla: nessun capriccio e nessun virtuosismo. L’unica pretesa che ha è quella di accompagnarvi nelle vostre feste adolescenziali, ma non vi entusiasmerà poi così tanto se avete superato questa fase della vostra vita, quella in cui è rimasto intrappolato il nostro Nathan.