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16 Ottobre 2015 | Disco Dada Records | tumblr | ![]() |
Parola d’ordine: contrasti. Ma anche dualismi, dicotomie, nevrosi, scissioni. Antitesi concettuali, veri e propri scontri. Fra Ragione & Sentimento, Vita & Morte, Odio & Amore. Ma anche Etica ed Estetica, come afferma lo stesso Massimo Canu, da qualche parte, in una vecchia intervista, intento a presentare l’allora debutto discografico dei Delenda Noia, intitolato “Noia Estetica“, per l’appunto.
Un attimo. Facciamo un passo indietro. Chi sono i Delenda Noia? Un uomo e una donna, innanzitutto. Un duo musicale, senza dubbio. Una coppia nella vita, a quanto pare. Massimo Canu, in arte Klord, e Lara Tanda, in arte Violara. Questi i loro nomi. Questi i loro pseudonimi. Emiliani d’adozione, serbano l’ancora delle proprie origini in quel di Porto Torres, Sardegna. La loro musica è un frutto maturo, strappato con agile e sapiente piroetta dall’albero dell’Elettronica, del Synth-Pop, della Dark-Wave. Suonano senza guardarsi, un po’ come dei novelli Orfeo ed Euridice. Ma forse è l’esempio sbagliato. Forse è meglio chiamare in causa i Krisma di Maurizio Arcieri e Christina Moser. Comunque, Dionisiaci in qualche misura lo sono. Dionisiaci ma con Garbo, alias Renato Abate. Associabili ai Bluvertigo, per il ricorso ai synth, e poco altro, come la mimica di Klord, la cui figura può evocare Andrea “Andy” Fumagalli. Giusto un’impressione. Lampi di Fisiognomica alla Lombroso – o era Franco Battiato? – . Sono dei criminali, dunque, Klord e Violara?
Sì, ma in senso buono. Come dei Bonnie & Clyde color fucsia, riprodotti in serie su stampa Pop-Art. La “Pop-Art” cantata dai Diaframma degli Albori, quelli con Nicola Vannini alla voce. A proposito di Albori, è bene precisare che tutto nacque da Klord, nome di un detergente intimo in voga fra le pornostar negli anni ’80, pseudonimo di Massimo Canu, e non ultimo nome della band di cui egli stesso era frontman, e in cui militava assieme a Lara Tanda, l’altra metà dei Delenda Noia.
“Odi et Amo” è il titolo del loro secondo album, da un celebre carme del poeta Catullo. E se aggiungi pure il gerundivo di necessità che dà nome alla band – letteralmente “La noia che deve essere distrutta” – sembra proprio di essere tornati al liceo classico, all’ora di latino. E allora riecheggia, per forza, quasi come un ritornello dell’anima, quel verso di “Gomma” dei Baustelle, quello in cui Rachele Bastreghi canta: “Ed il futuro stava fuori dalla New Wave da liceale”.
E invece no. Il futuro dei Delenda pare seguire, con grazia ostinata, proprio quella strada lì. A testimoniarlo, questi dieci brani. Nove inediti più una cover di “Fotoromanza” della Nannini. Anche se, in questo caso, dire cover è un po’ riduttivo. Notiamo infatti che, similmente alla “Imagine” di Lennon riletta degli A Perfect Circle, il riarrangiamento in chiave minore, il consistente abbassamento di bpm, e la sostanziale riscrittura del brano, fatta salva la melodia con il testo, hanno operato uno spostamento di senso, o forse una diversa messa a fuoco, della grande hit dell’artista senese. Complice anche, ovviamente, la diversa interpretazione canora. Ad ogni modo, un sublime esempio di decontestualizzazione. Del resto il brano, già nella versione della Nannini, presentava le stesse liriche stranianti, gli stessi elementi perturbanti che stonavano con la spensierata patina pop del sound.
Adesso, nella versione dei Delenda Noia, viene meno l’ambiguità dell’originale, ma è intatto, come negli APC, il senso di straniamento rispetto al modello di riferimento. Nelle loro mani, il pezzo si trasfigura in una sorta di cavalcata nelle tenebre in slow-motion, intervallata da attese spasmodiche, come ossessioni in bilico sul filo di un telefono che squilla a vuoto. Un brano che racconta, meglio di tanti libri, e forse senza volerlo, come l’atmosfera, quantomeno in Italia, sia cambiata da trent’anni a questa parte. Come certi orrori, e certe paure, dapprima rimossi, poi nascosti fra le righe (o messi tra parentesi) stiano pian piano uscendo da dietro le quinte. E quella “bomba all’hotel”, anche oggi, suona più sinistra che mai.
Ma torniamo alle canzoni: “Tra parentesi“, non a caso, è la traccia d’apertura. Il filo rosso che ci ricollega immediatamente al precedente lavoro, a quel “Noia Estetica” che custodisce tuttora nel suo scrigno diamanti di alta gioielleria elettronica come “Flirt“, “Castità” (quasi un incontro fra Immanuel Casto e Branduardi in una Dark Room ai confini del pop), o la stessa “Delenda Noia“, canzone manifesto del duo. È vero, rispetto all’esordio, e anche rispetto alla cover di “Fotoromanza” posta in chiusura, c’è meno oscurità. Lo confermano le ariose trame sintetiche di “Non apprezzo“, o il refrain di “Maladie“, brano in cui Lara Tanda cesella una prestazione canora degna delle migliori muse synth-pop.
Non tutto è riuscito. Ci sono almeno un paio di riempitivi, e a volte si ha la sensazione che, dal punto di vista della scrittura, il gioco si faccia un po’ ripetitivo. Ma, come ho già scritto, i Delenda Noia sono capaci di confezionare brani assolutamente irresistibili. Come del resto avevano già dimostrato nel loro esordio. Lungi dall’essere vani ripetitori di glorie altrui, Klord e Violara non si accontentano di copiare, ma vanno oltre, raccogliendo il testimone del miglior passato synth-pop e new-wave, e imponendosi come una delle migliori realtà del presente. Quasi sembra di vederli: due sagome di cartoncino che sbocciano all’apertura di un digipack della Spittle Records, in mezzo ai La Maison, ai Kirlian Camera, ai Jeunesse d’Ivoire. Due stilosi revenants, che ci sorprendono col trucco del corto circuito temporale, riprendendo le fila di un discorso che altri avevano lasciato in sospeso. Date un’occhiata al videoclip di “Flirt”, e capirete cosa intendo.