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29/02/2016 | autoprodotto | masai | ![]() |
Prendete una domenica mattina, della serie che la sera prima esci per uno Spritz veloce e lo finisci all’alba. La tipica loquacità di un frullatore, il cervello ovattato che ogni scricchiolio diventa Bonzo in “Moby Dick”, le connessioni ai minimi storici. Ecco. Tutto ciò è un modesto quanto imbarazzante tentativo di introdurre la reazione prima all’ascolto dell’esordio dei Masai Band, che da Torino con furore partoriscono “Le Quarte Volte”.
Come logo un’incisione degna del miglior Gustave Dorè, del tipo che ti aspetti l’uscita di una sinfonia dalle casse. E invece la prima reazione è di sgomento. Ma tranquilli dura poco, l’umano ha bisogno di dare forma allo sconosciuto per stare sereno, allora va in orbita e ci ragiona sopra. E la conclusione è che a dare una forma non ce la fai manco a piagne. I Masai Band assomigliano a tutto e a niente, e a loro questo piace tanto si vede. Nell’era della bella forma e della sostanza inesistente, di cover imbarazzanti tratte da gente che col “bel canto” non c’entra una mazza: questo disco lo spediamo dritto nella cartella: “rare boccate d’aria moderna senza scomodare i morti che ne han già pieni i santissimi”.
I MB sono musicanti da ossimori continui: anarchia strutturale da “vaffa” di pancia e pugni al cielo, ma bassi imperanti che trascinano sull’introspezione emotiva del buon vecchio Grunge. Salgono all’Olimpo dei grandi pensatori (Huxley e Heinlein e tutti gli altri), per poi sconsacrarli nei testi, nella dimensione di un Bar Sport con birrozza al seguito.
Non ci avete capito nulla? Forse sono io, e invece no, è colpa loro che amano creare confusione. L’ultimo verso ferma la folle corsa dello sfogo accellerato con una mazzata alla Baseball Furies, con quelle mezze frasi che aprono un mondo di possibilità e non danno nessuna risposta, perché la cosa non li riguarda. Tutto ciò è meravigliosamente filosofico, ma senza sgradevoli aforismi da Social Network: è una dimensione intima quanto grezzamente spontanea. Insomma, Prendete i CCCP, tagliate finemente, setacciate per eliminare qualunque pugno chiuso e bandiera, mettete il cantante in cantina così sembra un’eco della coscienza e ravvivate il fuoco scendendo strumentalmente di qualche ottava. Servire caldo con birra ghiacciata, che tanto la portano loro. Esordio col botto? No, in sordina, senza pretese. E ci piace.