Arabrot – The Gospel

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Per Kjetil Nernes, scrivere questo “The Gospel” non è stata una scelta, ma un bisogno. Catapultato nella dimensione angosciosa del cancro, che lo colpisce improvvisamente alla bocca, Kjetil decide di scendere in trincea con i propri demoni, di non arrendersi ed andare all-in – come dirà in un’intervista. Il nostro si aggrappa così alla musica, decidendo – ancora degente – per un concept capace di sviscerare il tema della guerra contro la malattia: nient’altro che un conflitto contro se stessi.

Per farlo, contatta l’amico Kristian della Fysisk Format, che non esita nel spronarlo suggerendo perfino il titolo – The Gospel – di un’opera che già dall’incipit appare monumentale. Nulla di biblico, ma un concentrato di spirito battagliero, ed indomito coraggio, che l’artista Norvegese sottolinea continuamente, specie utilizzando certi intermezzi radio che rimandano alla guerra, al bollettino delle vittime, a chi resiste. Kjetil cresciuto a suon di Captain Beefheart, Slayer e Black Metal Norvegese, questa volta per la descrizione sonora della sua epopea umana si affida al lato più oscuro del post-punk. Sono infatti i sentori più tetri dei Killing Joke quelli che emergono in tutto il loro splendore oscuro dall’omonima opener, mutando con l’abbagliante “Tall Man” verso una versione nerboruta e sfigurata del Robert Smith pensiero: qualcosa che sfiora la Dark culture per andare dritto verso un certo gusto gotico. Echi di bombe all’orizzonte e preghiere vane. L’uomo che si sveste delle proprie sicurezze, mentre, a piedi nudi nel fango, vaga sofferente ma deciso, attraversando quello che rimane delle proprie vecchie certezze: certo che d’ora in poi sarà tutto diverso – Faustus.

La passione per l’impatto crudo e verboso à la Nick Cave – prima maniera – sembra voler esplodere in continuazione – And The Whore Is This City – fondendosi con qualcosa che trova respiro nell’Heavy e nelle strutture proprie del post-punk degli eightiesI Am The Sun. Tutto per alzare un grande dito medio in direzione della malattia, di ciò che potrebbe metterci in ginocchio, abbatterci, persino disintegrarci, ma che a volte trova pane per i propri denti ed è costretto alla fuga. Un inno all’orgoglio, alla passione indissolubile. Un disco monumentale.