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27 Maggio 2016 | city slang | iamgoldpanda | ![]() |
Questo terzo album nasce come un diario di bordo: colori, ritmi empatici e paesaggi sonori che hanno stregato la mente compositiva di Gold Panda. Nel 2014 il producer affiancato dalla fotografa Laura Lewis si addentrò nelle più disparate aree urbane e naturali del Giappone per realizzare un documentario che non venne mai licenziato; i ricordi indelebili di questa esperienza rimasero impressi e insoluti su un pentagramma muto fino alla realizzazione di questo disco. Il titolo traduce letteralmente la frase “Ganbatte, Kudasai” – fu con queste parole che un tassista si rivolse ai due viaggiatori prima che si inoltrassero nella giungla urbana di Hiroshima. “Buona fortuna e fate del vostro meglio” questo incoraggiamento piovuto dal cielo ha fatto si che Gold Panda componesse il disco più compiuto e avventuroso della sua carriera.
Addentrandoci nell’ascolto possiamo toccare con mano una luce spirituale ricca di sfumature. L’apertura spetta ai glitch vocali di “Metal Bird” e “In My Car” in cui appiano i primi sample made in Japan. Il ritmo prende quota su “Pink & Green”, poco giustificata la scrittura di “Song For A Dead Friend” ma l’album procede fluido e rincara le emozioni ancorate a un vero sentimento piuttosto che a una melodia memorabile con “Autumn Fall” e “Haylards”. Tutto di un fiato e arriva il ballo liberatorio del primo singolo “Time Eater”, ancora jazz, incursioni acustiche, campanelli calibrati e sapori lontanissimi fino alla malinconica chiusura “Unbeats” di “Unthank”.
L’idolatria occidentale di una realtà così lontana potrebbe facilmente tramutarsi in feticismo portando a un travisamento di stereotipi di bassa qualità, Gold Panda ha curato la composizione in senso opposto, non sviluppando le ideologie di un’altra cultura ma forzandosi per interagire con esse in maniera personale, utilizzando sottili elementi evocativi uniti al proprio stile inconfondibile. Siamo ben lontani dagli sviluppi dance-orientend ai quali ci aveva abituato l’autore, ma ogni singolo capitolo di questo album gode di luminosità minimale dando un ritratto riconoscibile di se stesso in chiave armoniosa e matura.