Niccolò Fabi – Una Somma Di Piccole Cose

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Mi sono sempre chiesta se le canzoni nascono da una necessità urgente, da una compulsione dell’animo a tradurre un sentimento inafferrabile, oppure da un cosciente tentativo di suscitare un’emozione in chi ascolta. Sulla soglia dei 50 anni Niccolò Fabi registra un disco molto “personale”, che lo riguarda profondamente, camminando sul filo che separa l’espressione intima e la sua traduzione in una scrittura comprensibile. Quasi un tentativo di dare un senso più ampio a una carriera di tutto rispetto, costruita in uno spazio preciso all’interno della scena musicale italiana degli ultimi vent’anni e che sta a metà tra Tiziano Ferro, l’indie consolidato e il sottobosco proliferante del nuovo che avanza.

Ne è passato di tempo da quando un giovane ragazzo cantava con grande disinvoltura “Io vivo sempre insieme ai miei capelli”: era il 1997, lo stesso anno in cui gli Afterhours pubblicavano un disco che cominciava con una bestemmia. Nel 2016 le distanze tra i “generi” sfumano progressivamente, non ha più troppo senso classificare e rivendicare un’appartenenza a un modo di fare musica ma ha tanto più senso riconoscere un bel disco: in un mare vasto e infinito è come approdare su una bella isola, starsene lì per un po’, godersela.

Una somma di piccole cose” è una di queste piccole isole. Facilmente riconoscibile all’orizzonte, se si ascoltano pezzi come “Una mano sugli occhi” o “Facciamo finta”, un’isola per chi ha voglia di restare sospeso, tra cielo e terra, il tempo necessario. Un disco volutamente confidenziale, che può arrivare come un pugno nello stomaco, per il suo carico emotivo, e che disarma, a tratti, per la sua “semplicità”: quella arpeggiata e sommessa di “Filosofia agricola”, quella incalzante di “Non vale più”, quella cristallina e devastante di “Vince chi molla”, brano che chiude il disco.

Non deve essere facile per un cantautore navigato sfidare il mostro della retorica per trovare il punto di equilibrio tra ciò che vuole dire e come vuole trasmetterlo: è come cercare il proprio modo di essere e provare a cantarlo. È la sfida del dare una forma artistica all’autenticità, coltivata nel tempo che inesorabilmente avanza. Ma arrivati a una certa età, coi capelli tutti bianchi, c’è forse altra scelta?