BADBADNOTGOOD – IV

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Ci sono band in grado di mescolare mondi complessi e darne alla luce uno nuovo, di strano impatto, certo, ma anche sorprendentemente accessibile. Anzi, siamo meno impermeabili alla nuova olla podrida che ai due mondi presi singolarmente. Uno di quei gruppi che recentemente ha saputo dare alla parola commistione un suono dolcissimo è rappresentato dal nome barocco These New Puritans, che nasconde dentro di sè la formula matematico-musicale new wave più jazz d’avanguardia. I BADBADNOTGOOD anche si inseriscono in questo panorama di sintesi jazz, meno avanguardista ma ancor più sporca e fanstasiosa.

Canadesi, conosciutisi all’Humber College di Toronto, dove studiavano jazz, esordiscono con collaborazioni decisive per la loro carriera (Tyler, The Creator e Frank Ocean), e pubblicano tre album che oggi, sulla lunga distanza, ci aiutano a inquadrare il loro vastissimo universo musicale, per come è stato fino ad adesso. Tralasciando l’esordio del 2011, pubblicato su Bandcamp, nel 2012 arriva BBNG2 dove i nostri si cimentano in cover di Kanye West, James Blake e My Bloody Valentine (se andate alla ricerca di You Made Me Realize troverete questa simpaticissima scritta a introdurre il pezzo: No one above the age of 21 was involved in the making of this album).

Dopo il disco intitolato III, invece, esce la collaborazione con Ghostface Killah (membro del Wu-Tang Clan e autore del tarantiniano Twelve Reasons to Die) pubblicata col titolo Sour Soul dalla Lex Records.

Oggi i BADBADNOTGOOD, a petto nudo in Croazia sulla copertina del disco, continuano a lasciarsi contaminare e lo fanno dando vita al disco più inquadrato della loro carriera. Chiamano in causa Samuel T. Herring, voce invidiabile dei Future Islands – nonché uomo dalle movenze più sciolte della scena revival: rimandiamo al live del 2014 per il Letterman Show del singolo Seasons (Waiting on You). Il risultato è Time Moves Slow, brano caldo che Sam interpreta alla maniera di un elegante crooner, risparmiandosi quei growl per lui caratteristici.

We met up and he agreed to come to our studio and try to write and record some music with us. We had a couple songs with him. “Time Moves Slow” made the album and we have another song that we might release later this year.

Seconda collaborazione fondamentale all’immaginario del disco è quella di Colin Stetson, sassofonista, anch’esso canadese, che vanta una quantità di presenze considerevoli nel mondo indie e non: ha lavorato con artisti del calibro di Tom Waits, LCD Soundsystem, Feist, Arcade Fire, Laurie Anderson, The National, TV on the Radio, Bon Iver e ha all’attivo anche un’apprezzata carriera solista.

Presenza che invece colora tutto questo IV è Leland Whitty, che si inserisce da sassofonista nella formazione originaria dei BBNG come membro stabile – aggiungendosi, quindi, a Matthew Tavares, Chester Hansen e Alexander Sowinoski. Nonostante la sua freschezza nella band, il quinto brano del disco porta il suo nome, anzi il suo soprannome (Chompy’s Paradise).

I used to be a rapper in high school. I went by the name Chompy Lee. Since then I’ve stopped rapping, unfortunately. That song was a beachy, vacation vibe, so we thought that name suited it.

I BBNG sanno giocare col jazz, col rap e con l’elettronica. Alle volte quei sintetizzatori fanno tanto Ultravox, alle volte invece si finisce negli ultimi anni ’60 (In Your Eyes, pezzo che vede alla voce Charlotte Day Wilson, artista canadese). Il risultato diverte, appassiona, stimola e non ci si poteva aspettare nulla di meglio da questi jazzisti che lottano ad ogni disco per abbattere il concetto di genere musicale.