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30 settembre 2016 | IRMA L’Amor Mio Non Muore |
Collettivoginsberg | ![]() |
Musicalmente la Romagna è terra dalle molteplici suggestioni, molto spesso legate ad una tradizione ridipinta secondo stilemi inusuali; non è un caso se proprio da questa regione, figlia di orchestrine e di balere, di immaginari felliniani, del folklore forse più internazionale della nostra penisola, arrivino anche questi scintillanti Collettivo Ginsberg. La band romagnola nasce nel 2004 ma trova la quadra definitiva solo nel 2011 con un cambio di formazione decisivo e l’incontro col produttore Marco Bertoni. L’idea è quella di lasciarsi alle spalle la tradizione Blues/autoriale da cui prendevano le mosse in favore di un maggior sperimentalismo.
“Tropico”, il loro secondo disco, é una tavolozza di colori sgargianti e sorprendenti, miscelati secondo un gusto lussureggiante dal sapore retrò. Al suo interno trovano spazio suggestioni Funk, Voodoo-Mambo, Samba e Blues d’antan, mescolate con cura ad un lavoro molto particolare sui testi. Un’armonia esplosiva e vitale, che trova compimento fin dalla simbolica copertina: si tratta infatti di un’opera olio su tela dell’artista romagnolo Domenico Demattia.
Tutta l’atmosfera del disco è decisamente calda e sensuale, “tropicale” appunto: a partire dalla sinuosa traccia d’apertura “Con due monete” , creata sulla falsariga di un classico come “I put a spell on you” in cui a tenere banco è la tronfia baldanza dei fiati. La festa danzereccia raggiunge poi il suo culmine con la sfavillante “Primavera Mambo”, pezzo simbolo del lavoro del Collettivo Ginsberg, che ne riassume il tribalismo sofisticato, quasi orchestrale, perfetto in ogni suo più piccolo dettaglio. “Dio è nei dettagli” diceva qualcuno, e se da questo si giudica anche l’arte, la cura con cui questo “Tropico” è stato realizzato – che non scade mai nel lezioso – ne testimonia l’elevata fattura; di cui troppo spesso la musica (indipendente) italiana fa purtroppo a meno. Un piacere per le orecchie sì, ma che investe tutti i sensi, in un vortice di ritmo forsennato che diventa travolgente negli episodi più animati.
Ma non c’è solo quello: ci sono le ascendenze autoriali legate ad una tradizione cantautorale anni 60 – su tutte “Portami con te”, in cui l’ottima voce di Cristian Fanti si trasfigura fino a ricordare il Mirko Mariani dell’orchestrina, anch’essa romagnola “Saluti da Saturno“. L’amore per Lucio Dalla trapela da “Danza Macabra”, splendida chiusura del disco in un visionario dialogo tra l’Uomo (rispettivamente il soldato, il bevitore e il suicida) e la Morte. Un accenno doveroso meritano anche le tematiche e la costruzione dei testi, per lo più basati sull’uso della tecnica del “cut-up” ma che si avvalgono anche di parole scritte da terzi come la poesia dialettale di Raffaello Baldini (“Metti Che“) e di Aldo Spallicci (“Nella Notte del Mondo”), che spesso pescano dalla cultura contadina, carica di magia, contatto con la madre Terra, il divino e le sue forme esistenziali arcaiche. Per questo motivo, non stupisca la ricorrenza della parola “morte”. “Tropico” è dunque un viaggio nel tempo attraverso le tradizioni, che vive nel sangue delle generazioni di una terra capace di esprimere la propria vitalità attraverso un folklore dell’anima.




