Norah Jones – Day Breaks

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Ritorno alle origini. La figlia di Ravi Shankar è una delle poche artiste nel mondo della musica odierna a potersi definire un talento purissimo. Lo dimostrò col capolavoro da 25 milioni di copie “Come Away With Me”, e lo conferma oggi a distanza di anni con questo nuovo e bellissimo album. Un ritorno alle sonorità Jazz a cui partecipano anche Wayne Shorter al sassofono, John Patitucci al contrabbasso e Brian Blade alla batteria; 12 brani di cui 9 inediti e 3 cover originariamente interpretate da Horace Silver e Duke Ellington.

Norah Jones si muove con maestria nel proprio habitat naturale, senza per questo rinnegare il recente maquillage estetico/artistico in favore di sonorità segnatamente Pop – in Day Breaks ne ritroviamo solamente qualche eco nelle ammalianti “Once i Had a Laugh” e “Sleeping Wild“. Un ritorno agli albori che esalta la scrittura primigenia della Jones (“Tragedy “e “Don’ be Denied“), qui ispirata dal bisogno di guardare a ciò che accade nella nostra realtà “Fleurette Africaine (African Flower)” e soprattutto nel brano “Flipside“, probabilmente il più maturo della sua intera produzione. La tematica al centro del pezzo racconta di scontri con la polizia e tensioni razziali – quelle che stanno emergendo nelle grandi città americane –, messi in scena attraverso l’incedere alternato piano e organo: qualcosa che ricorda il migliore Jimmy Smith.

Moderna e antica, la nostra possiede la dote dei grandi di genere, quella che ti rende semplice anche le cose più complesse. Day Breaks è il grande album di un’artista che nel giro di pochi anni è riuscita ad emanciparsi da quel ruolo di nicchia a cui una certa produzione snob musicale voleva relegarla. Chiudiamo prendendo in prestito le parole con cui Bono Vox definì Jeff Buckley, ma che ben calzano anche per la nostra Norah Jones: “Una goccia di acqua pura in un oceano inquinato”.

Data:
Album:
Norah Jones - Day Breaks
Voto:
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