Morrissey: la Vendetta dei Carnivori

La carne che ci mettiamo in bocca quando siamo a tavola, o quando ci accattiamo una pagnottella per strada, secondo Morrissey è assassinio. Punto e fine. Non ha mai usato mezzi termini. Dai tempi di “Meat Is Murder” in poi, e parliamo del 1985, Moz si è dichiarato paladino di tutti gli animali, poiché esseri viventi, proprio come noi, e poiché bisognosi d’amore (vi ricordate “How soon is now?”), e di conseguenza anche nemico di tutti i carnivori (esclusi gli animali che rientrano nella categoria). Una prospettiva gastro-marxiana, in cui l’uomo è lo sfruttatore e la bestia, invece, provate a indovinare. Capitalismo, sessismo, guerra, consumo di carne: per Morrissey è tutto collegato. Basta ascoltare l’ultimo “World peace is none of your business” (almeno la title-track, “I’m not a man”, e la trionfante “The bullfighter dies”). Ma adesso la battaglia è sconfinata nel grottesco.

Si sa che ai concerti di Morrissey è vietato mangiare carne, a meno che, forse, non si tratti di cannibalismo. Scherzi a parte, il luogo del misfatto stavolta risponde al nome di Riot Fest. Siamo a Chicago. E siamo a un festival, come avrete intuito. Ebbene, è accaduto che durante l’esibizione di Morrissey. protrattasi per circa un paio d’ore, il divieto tassativo di “vendere” o “mangiare” carne abbia fatto rosicare non poco i paninari presenti sul posto coi loro baracchini. L’incasso mutilato per i capricci di una vecchia pop-star. Così è stata vista la cosa. E quindi la vendetta: in men che non si dica La Lega degli Zozzoni Uniti (LDZU) ha inventato il “Pork Morrissey”, un paninazzo a base di maiale e quattro tipi diversi di formaggio. Alla faccia di tutti i vegani e vegetariani di questo pianeta. Che dire, una reazione di rara sensibilità e acume, degna di un aforisma di Oscar Wilde. Mi sa che qualcuno, speriamo il prima possibile, finirà dentro il testo di una canzone.