Acquista: | Data di Uscita: | Etichetta: | Sito: | Voto: (da 1 a 5) |
17 ottobre 2016 | Spin On Black | bandcamp | ![]() |
La magia dettata dall’ispirazione dello Space Rock e dello Stoner sembra non aver nessuna intenzione di finire. Siamo in Italia, nel deserto piacentino per la precisione, ma pur rimanendone allo scuro avremmo la certezza di trovarci nel deserto del Mojave, alle prese con un lavoro degno della miglior tradizione Desert Rock americana. Un disco che è un viaggio psichedelico privo di voci, talmente denso di sonorità psicotrope da caratterizzarne il cammino; procedendo a vele spiegate e concentrando l’udito in alternanza onirica tra la sezione ritmica precisa, martellante e ben assestata e gli assoli di chitarra che ricordano le migliori espressioni degli Yawning Man – a cui il trio mi sembra particolarmente votato.
E la vocazione, quando non è passeggera, gioca a vantaggio del risultato finale. Un album strumentale che lavora per sottrazione, ben architettato: tanto da convogliare le sensazioni dell’ascoltatore all’interno di una dimensione totalmente eterea. Questo anche grazie ad un incedere percussionistico quasi Jazzy, capace di fungere da catalizzatore per onde sonore provenienti da mondi altri. Se “tre” è il numero perfetto – per i componenti di una band, il cosiddetto “Power Trio” –, la dimensione intima a cui andiamo incontro qui è univoca: eco arido e denso di un deserto abile nel riedificare il nostro desiderio di viaggio interiore, in quel nido ancestrale ben presente a ciascuno di noi.




