Urfaust – Empty Space Meditation

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L’ascoltatore meno attento potrà (forse) non stupirsi al primo ascolto di questa ultima fatica targata Urfaust: anche perché molti degli stilemi qui proposti hanno già fatto la loro comparsa nel circuito Black metal, soprattutto se si guarda quelle formazioni orientate verso il così detto “cascadian”. Ormai sono anni che il genere si rinnova muovendo pressoché gli stessi elementi con una distribuzione sempre più oculata. Dalle gare di velocità degli esordi si è così passati ad una partita a scacchi.

Certo, ci sono molti elementi che possono ricondurre ai Wolves in the Throne Room, agli Aluk Todolo, ai Midnight Odyssey, agli Spectral Lore, a Leviathan o a Panopticon. Eppure negli Urfaust c’è anche qualcosa di tremendamente diverso, di immanente: capace di restituire un’esperienza ancestrale.

Micidiali già una decina di anni fa, le vocals di IX – di stampo quasi gregoriano – si imponevano in “Verräterischer, Nichtswürdiger Geist”, collidendo con uno dei periodi più grezzi e lo-fi del genere. Erano anche i primi periodi caratterizzati da massicce convivenze con l’Ambient più scuro, quindi, se mettete insieme i due elementi, vi renderete conto della potenza innovativa di quell’album. Poi, nel corso degli anni, tante accortezze sono andate ad affinare il songwriting e la produzione: fino al precedente EP “Apparitions”, nel quale l’Ambient di cui sopra abbraccia una forma ritualistica, che potremmo definirla mantrica.

Empty Space Meditation” si divide in sei diversi “Meditatum” dai quali emerge un magma sonoro primordiale. Ora i sintetizzatori occupano un posto principale nella composizione, anche quando accompagnano le lunghe nenie di IX. Canti panici, urla dionisiache e lamenti tartari che sembrano unire dolori e leggende di epoche scomparse ma onnipresenti. Il duo belga ci travolge con continui blast beat di chiaro stampo burzum-iano e synth cosmici, mentre le chitarre rappresentano un’ombra che si sparge a macchia d’olio: densa, corposa e quasi atonale.

Bisognerà arrivare a “Meditatum IV” per sentire rallentare le pelli di VRDRBR – ma non l’angoscia. I synth si rivestono di una pellicola metallica e aliena, mentre i mantra di IX si fanno sempre più circolari: sia nelle urla, sia nei cori. Poi le ultime due sorprese – gli Urfaust spesso sorprendono l’ascoltatore in coda all’album. Infatti il quinto episodio si presenta come un brano Horror Rock: tipo i Dead or Alive del 1980-81 dispersi fra le nevi dell’Himalaya. Mentre in chiusura, la litania di “VI” beneficia di tutta una serie di fraseggi semi acustici in pieno stile indù o tibetano.

Data:
Album:
Urfaust - Empty Space Meditation
Voto:
51star1star1star1star1star