Sepultura – Machine Messiah

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Oggi possiamo dirlo: i Sepultura non hanno più bisogno dei fratelli Cavalera. Il loro abbandono, avvenuto a dieci anni di distanza l’uno dall’altro (Max nel 1997, Igor nel 2007), ha nel tempo minato la tempra di un gruppo in lenta mutazione, ma che oggi sembra aver completato brillantemente quel processo riorganizzativo sia dal punto di vista tecnico che artistico.

Machine Messiah” è un lavoro completo. Nulla d’innovativo – lontani i bei tempi di “Chaos AD” o “Roots” –, ma assolutamente coraggioso e pieno di idee. Qui, lo spirito Thrash di “Beneath The Remains” si amalgama perfettamente a quello più ‘etno’ del sopracitato “Roots” – nel brano “Phantom Self” i Seps fanno un piccolo miracolo di taglia e cuci, tra nenie mediorientali, cadenza in puro stile Moshing Thrash e progressioni Post-Metal. In “Sworn Oath” irrompono ricami di chitarra classicamente Heavy su melodie strumentali ‘leggiadre’ da dare in pasto alla voce del possente Derrik Green. Benché il nuovo lavoro non disdegni le aggressioni Hardcore à la Slayer (“I Am The Enemy”, “Silent Violence”, “Vandal Nest”) i Sepultura preferiscono puntare sullo “Slow-Heavy-Tempos” in cui esprimono al massimo tutta la loro potenza – l’Etno-Metal in “Resistant Parasites”, il ‘caos anno domine’ in “Cyber God”. Insomma, la materia pregiatissima modellata sapientemente dai nostri farebbe impallidire il 90% delle band odierne di genere.

Un album superiore “Machine Messiah” rispetto, ad esempio, all’ultimo debole “Repentless”. Un lavoro da mandare istantaneamente nella wantlist. Se il buongiorno si vede dal mattino, il 2017 potrebbe essere l’anno giusto per la rinascita.

Data:
Album:
Sepultura - Machine Messiah
Voto:
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