Thurston Moore – Rock’n’roll Consciousness

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La coscienza perduta, di chi siamo, della nostra arte e dei talenti; quelli si, bruciati dal ciclo continuo d’imposizioni per la sopravvivenza. Perché la “pancia” non guarda in faccia a nessuno quando manca carburante, e le facili costruzioni mobili del vissuto ben si adagiano sul tappeto svogliato delle certezze apparenti, immediate.

Thurston è snob, Thurston è triste perché non ha più una moglie; Thurston se ne fotte, dato che nel tempo ha sviluppato una coscienza capace di stabilire priorità. La sua, si esprime con il linguaggio della musica ma non per questo alla domanda: “cosa fai nella vita?” il nostro risponderebbe “Il musicista”. Forse direbbe “Il Rock’n’roll” o forse non risponderebbe affatto.

Moore detiene un ruolo importante nella propagazione del verbo all’interno dell’iperspazio contenutistico legato al “sentire” Rock’n’roll – che possiamo chiamare Sonic Youth o in altri mille modi –, qualcosa che tanto assomiglia all’espansione di un universo in raffreddamento ma ancora in grande movimento. Fateci caso, Thurston non scrive mai sé nelle canzoni, cercando invece un approccio universale ai contenuti, di andare a toccare i sentimenti di tutti.

Bisogna scrivere. Anzi “Fare”, ma sempre all’interno del proprio slancio vitale: ché dedicarsi alla pratica musicale ogni giorno, raggiunti certi livelli, diventa meccanico. E allora ecco emergere la consapevolezza di come il nostro apporto a questa realtà non sia catalogabile attraverso un movimento definito di polpastrelli, ma piuttosto attraverso un’impronta chiara e diversamente esprimibile. Meglio dunque meditare e non farsi mai mancare un taccuino dove appuntare concetti, qualcosa succederà.

A 57 anni il nostro continua a fare musica perché ne sente il bisogno, ormai smarcatosi dalla foga dell’incidere continuativamente per alleviare un bisogno comunicativo impellente. Sceglie per questo “Rock’n’roll Consciousness” un approccio più meditativo, impiegando due anni per la gestazione e neanche una settimana per l’incisione in studio – parliamo del Church di Londra, un ex chiesa con attrezzatura volutamente retrò dove incisero Dylan, i Rolling Stones, ed i Pink Floyd.

Scelta suggerita ma ben calzante quella della chiesa, che si sposa in maniera ottimale con il concetto di: “fare musica in un luogo dove si curava l’anima”. Qui poi le cose vanno a braccetto con la sua cattedra alla Naropa University in Colorado. Fondata da Chögyam Trungpa, un buddista tibetano molto vicino al monaco che convinse un giovane David Bowie a fare musica anziché entrare in monastero, ci ricorda quanto in realtà l’arte parli di coscienza, sempre.

Rock’n’roll Consciousness” è composto da cinque suite lunghe dai sei agli undici minuti, che l’artista americano ha inciso in compagnia di Deb Googe (My Bloody Valentine, Snowpony) al basso, James Sedwards (Nøught, Chrome Hoof) alla chitarra e Steve Shelley (Sonic Youth, Crucifucks) alla batteria. Ispirato dall’amore e dall’energia della madre terra, vede nel messaggio positivo la colonna vertebrale su cui ricamare le proprie indagini sperimentali in rapporto al connubio suono-emozione.

Se “Exalted“, impreziosita dai testi del poeta Radio Radieux, rappresenta una visione dionisiaca – indotta dall’assunzione di droghe – del rapporto fra il nostro e la sacralità della donna, “Cusp” inneggia allo stato di beatitudine primaverile: quello in cui il tutto non è stato ancora compiuto, ma è in divenire, sta per sbocciare. “Turn On” racconta l’amore cosmico – grazie anche alle chitarre di James Sedwards –, mentre “Smoke of Dreams” snocciola il mistero del viaggio nel tempo utilizzando la visione di una New York City popolata dagli spiriti dei grandi artisti scomparsi che l’hanno popolata.

Un altro tassello di un lungo viaggio che dall’album omonimo dei Sonic Youth del 1982 è arrivato morbido sulla battigia dei giorni nostri.

Data:
Album:
Thurston Moore - Rock’n’roll Consciousness
Voto:
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