Naomi Punk – Yellow

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Fare arte alle proprie condizioni nel 2017 è un’impresa.

Olympia, Washington, sessanta miglia a sud ovest di Seattle. Un posto in cui è facile spostarsi nel tentativo di recuperare l’ispirazione; la natura è selvaggia e l’impatto talvolta rinvigorente – il clima è spesso influenzato dalle correnti che si formano nei pressi delle isole Aleutine in Alaska, dunque, un freddo porco.

Boschi, e un ritmo lavorativo decisamente diverso rispetto a quello delle grandi città americane. Nessuno lavora nel settore dello spettacolo, ma si possono trovare agilmente una svariata gamma di agricoltori.

In questo contesto trovano terreno fertile le ispirazioni alla base del progetto Naomi Punk. Ché si sa, gli artisti sono spesso in debito con i luoghi da cui provengono. La musica della band americana rappresenta un buon compromesso fra Grunge e Proto-Punk, benché due etichette non bastino per descriverne l’intero cosmo.

Loro, compongono musica all’interno di un ranch locale di nome Naomi, e dopo l’acclamato “Television Man” del 2014 tornano con un lavoro di maggior respiro intitolato “Yellow“. Un doppio album inteso come concept sul colore stesso. Perché proprio il giallo? Domanda difficile, a cui però i ragazzi rispondono così: «Anche Picasso ha avuto un periodo rosa ed uno blu, il nostro è giallo» – senza calcolare che da qualche anno Travis Coster colleziona inspiegabilmente abiti gialli. Leggete fra le righe.

Nella location, al tempo delle registrazione giravano i dischi di Taylor Swift (Red) e il White Album dei Beatles; tutta roba che non si traduce neanche per sbaglio nel suono che poi andrà a comporre il nuovo album, piuttosto vengono in mente le prime cose dei Meat Puppets, qui tagliate con l’accetta del Post-Punk più spigoloso.

In origine furono 30 le tracce, poi ridotte a 25, pensate come un flusso continuo: una colonna sonora. Per fare questo hanno affittato il piano superiore della K Records per un anno e mezzo e si sono trasferiti fuori, al ranch. Eliminate le seppur poche derive zuccherine, i nostri mantengono un impatto ruspante capace di tagliar fuori anche la possibilità d’esser tacciati d’intellettualismo.

Un processo naturale, il loro, che intende la musica a livello colloquiale, come fossimo inseriti all’interno di un flusso prodotto in maniera home made davanti ad un pubblico ristretto di amici: niente a che vedere con il medesimo processo che prevede un computer come attore principale. Sono cresciuti tanto insieme e con loro la musica che propongono, così da mantenere un controllo totale sul prodotto finale.

La loro filosofia, come recentemente dichiarato in un’intervista è quella di non farsi attrarre da ciò (Il Rock’n’Roll) che nacque come prodotto del neoliberismo, fino a diventare oggi, in larga parte, la manifestazione del capitalismo.

Yellow” rappresenta una conversazione acre ed al contempo conviviale attraverso la musica, lontana dai ragionamenti legati al mercato, agli ascoltatori ed ai critici. E mai come oggi l’approccio dei Naomi Punk al Grunge – o in qualsiasi altro modo vogliate etichettare quella sensazione. Del resto Seattle è vicina –, viaggia attraverso due fasi: decostruzione e ricostruzione.

Liberi e sognanti.

Data:
Album:
Naomi Punk - Yellow
Voto:
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