Lo stadio del Conero di Ancona è già gremito alle 18.00. Alla fine si conteranno circa 15.000 presenti. L'installazione è maestosa, con un pesante arredo di schermi e pannelli rifrangenti che rendono alla perfezione l'immagine di “kitch sobrio” che il gruppo di Athenes si è costruito addosso, con giganteschi fiori lumiosi e gigantografie di Michael, Mike e Pete. Sul palco campeggia a lettere rosse la scritta L U V… l'atmosfera è perfetta per una grande serata di musica.
La prima sorpresa viene dai gruppi ospiti. I già annunciati Feeder scaldano (come se il sole non ci avesse già pensato) il pubblico intorno alle 19.30. Molti si guardano stupiti… i REM dovrebbero cominciare verso le 21.30… Comunque il college rock tra Pavement e Deus dei Feeder regge bene l'impatto con il pubblico, ottenendo molti applausi, soprattutto per il loro singolo colonna sonora dello spot di una nuova automobile. Ma nessuno (quantomeno non io) si aspettava alle 20.30 di veder salire sul palco niente meno che i Sparklehorse, autori 4 anni fa di un piccolo capolavoro di album, e poi quasi spariti dalla circolazione. Il loro set di canzoni disturbate, a metà tra l'alternativo e l'intimistico, condisce l'attesa in maniera dolce ed energica allo stesso tempo.
Finalmente quasi alle 22,00 ecco comparire i REM…
Il concerto è una rivelazione. 2 ore quasi ininterrotte che si snodano piacevolissime, zeppe di canzoni che a ben guardare sono quasi tutte dei capolavori di songwriting. Michakle Stipe è scatenato, si contorce e urla la sua voce rotta, dialogando spesso con il pubblico delle prime file e fermandosi a raccontare la propria musica… L'affiatamento dei 3 REM è ottimo, e poco importa che la resa sonora del missaggio non sia ottimale (le tastiere dei musicisti di supporto sono quasi inesistenti e le chitarre vengono sempre sopraffatte dal binomio voce-batteria… peccato…). Ma tutto ciò non intacca l'incredibile potenza comunicativa che i nostri riescono a sprigionare, snocciolando un repertorio che pesca dai primi dischi canzoni memorabili come Begin the begin e Finest worksong, (graditissime ai fan di vecchia data) per poi passare ad una carrellata di canzoni tratte dagli ultimi album (da Out of time in poi). Il pubblico è letteralmente in delirio, canta e balla al ritmo di The grat beyound, The one I love, Find the river, Drive e Daysleeper. Quando poi il mandolino Gibson di Buck si lancia nel riff iniziale di loosing My religion, l'aposteosi è totale, e trascina il gruppo fino alla splaendida esecuzione di Man on the moon.
Non mi aspettavo davvero un effetto tale. Non ho mai visto un concerto tanto comunicativo, tanto coinvolgente, capace di passare sopra l'imprecisione tecnica (del gruppo) e sonora (dei fonici) grazie alla forza magnetica dei nostri, grazie alla bellezza dei brani eseguiti. Per due ore siamo stati davvero portati sulla luna, dove un mondo tutto particolare ci aspettava, in cui i cerimonieri Mike Mills e Peter Buck formavano la corte del sovrano folle e sentimentale Michale Stipe. L'eco delle canzoni ascoltate ad Ancona è ancora vivo nelle mie orecchie, quando tornando verso la tenda per passare la nottata realizzo ciò che avevo inconsciamente capito dall'inizio: L U V.
E' la forza dei rem. E' l'amore che mettono nella musica, che trasmettono con le note (indimenticabile l'assolo straziato di Buck in Country Feedback) e che riversano incessantemente sul pubblico e sui fan, investiti da un fiume di emozioni incontrollabile, che lascia tutti felici, anche se stanchi, dopo l'ultimo coro dell'inno it's the end of the world.
La prima sorpresa viene dai gruppi ospiti. I già annunciati Feeder scaldano (come se il sole non ci avesse già pensato) il pubblico intorno alle 19.30. Molti si guardano stupiti… i REM dovrebbero cominciare verso le 21.30… Comunque il college rock tra Pavement e Deus dei Feeder regge bene l'impatto con il pubblico, ottenendo molti applausi, soprattutto per il loro singolo colonna sonora dello spot di una nuova automobile. Ma nessuno (quantomeno non io) si aspettava alle 20.30 di veder salire sul palco niente meno che i Sparklehorse, autori 4 anni fa di un piccolo capolavoro di album, e poi quasi spariti dalla circolazione. Il loro set di canzoni disturbate, a metà tra l'alternativo e l'intimistico, condisce l'attesa in maniera dolce ed energica allo stesso tempo.
Finalmente quasi alle 22,00 ecco comparire i REM…
Il concerto è una rivelazione. 2 ore quasi ininterrotte che si snodano piacevolissime, zeppe di canzoni che a ben guardare sono quasi tutte dei capolavori di songwriting. Michakle Stipe è scatenato, si contorce e urla la sua voce rotta, dialogando spesso con il pubblico delle prime file e fermandosi a raccontare la propria musica… L'affiatamento dei 3 REM è ottimo, e poco importa che la resa sonora del missaggio non sia ottimale (le tastiere dei musicisti di supporto sono quasi inesistenti e le chitarre vengono sempre sopraffatte dal binomio voce-batteria… peccato…). Ma tutto ciò non intacca l'incredibile potenza comunicativa che i nostri riescono a sprigionare, snocciolando un repertorio che pesca dai primi dischi canzoni memorabili come Begin the begin e Finest worksong, (graditissime ai fan di vecchia data) per poi passare ad una carrellata di canzoni tratte dagli ultimi album (da Out of time in poi). Il pubblico è letteralmente in delirio, canta e balla al ritmo di The grat beyound, The one I love, Find the river, Drive e Daysleeper. Quando poi il mandolino Gibson di Buck si lancia nel riff iniziale di loosing My religion, l'aposteosi è totale, e trascina il gruppo fino alla splaendida esecuzione di Man on the moon.
Non mi aspettavo davvero un effetto tale. Non ho mai visto un concerto tanto comunicativo, tanto coinvolgente, capace di passare sopra l'imprecisione tecnica (del gruppo) e sonora (dei fonici) grazie alla forza magnetica dei nostri, grazie alla bellezza dei brani eseguiti. Per due ore siamo stati davvero portati sulla luna, dove un mondo tutto particolare ci aspettava, in cui i cerimonieri Mike Mills e Peter Buck formavano la corte del sovrano folle e sentimentale Michale Stipe. L'eco delle canzoni ascoltate ad Ancona è ancora vivo nelle mie orecchie, quando tornando verso la tenda per passare la nottata realizzo ciò che avevo inconsciamente capito dall'inizio: L U V.
E' la forza dei rem. E' l'amore che mettono nella musica, che trasmettono con le note (indimenticabile l'assolo straziato di Buck in Country Feedback) e che riversano incessantemente sul pubblico e sui fan, investiti da un fiume di emozioni incontrollabile, che lascia tutti felici, anche se stanchi, dopo l'ultimo coro dell'inno it's the end of the world.
Per le foto grazie a Stark