Phelps Kelly Joe – Slingshot Professionals

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Se non esistesse bisognerebbe inventarlo Kelly Joe Phelps; in un mondo musicale dove solo chi sposa le sonorità facili facili, i ritornelli radiofonici e gli atteggiamenti da star ottiene il successo, la sua figura stona non poco. Lui è un sostanzialmente un folksinger, ha iniziato suonando da solo nel 1995 con lo splendido “Lead Me On” ha continuato con la stessa formula nel successivo “Roll Away the Stone” per poi aggiungere qualche strumento nel suo terzo lavoro “Shine Eyed Mister Zen”. Ora giunto al quarto album Kelly Joe usa una intera band. In tutti questi anni ha suonato moltissimo dal vivo facendosi le ossa e affinando il suo stile che è passato lentamente dal country blues degli inizi ad un vero stile da songwriter. Il suono è rimasto acustico ma in questo suo ultimo lavoro Phelps unisce al blues la canzone d’autore e le influenze new jazz ottenendo un risultato sorprendente; 10 canzoni, 10 perle dalla bellezza disarmante. In questo disco si sente la delicatezza del Neil Young di “After the Gold Rush” unita alla propensione folk del Mark Knopfler di “Ragpicker’s Dream”. La cosa più singolare è che nessuna della canzoni proposte ha un vero e proprio ritornello, sono 10 ballate tristi e suggestive. La band che lo supporta in questa sua nuova avventura è di primissima scelta. Alla chitarra acustica di Kelly Joe si aggiunge quella elettrica di Bill Frisel (uno di quelli da conoscere assolutamente), il violino di Jesse Zubot (anche al mandolino) la batteria di Scott Amendola, il contrabbasso di Keith Lowe e la fisarmonica di Chris Gestrin. Appare anche in veste di session girl la splendida voce di Petra Haden. Questo è un disco che va assaporato nota per nota, uno di quegli album che riescono a metterci in pace col mondo tanta è la dolcezza dei suoni che ci regala. Tra le canzoni segnaliamo “Not So Far to Go” brano dotato di una splendida melodia forgiata sulle unione della chitarra acustica e di quella elettrica. “Knock Louder” parte come un blues acustico e solitario a cui poi si aggiungono lentamente in modo quasi timido gli altri strumenti, brano assolutamente splendido che sembra provenire da Mississippi John Hurt. Il brano che personalmente mi ha più colpito è “Circe Wars”, una canzone a dir poco meravigliosa , la fisarmonica e il violino le danno uno splendido tocco folk mentre Kelly Joe canta in modo sofferto creando una melodia davvero magica resa ancora più bella dal sapiente uso dell’armonica (sempre Phelps); basta chiudere gli occhi per cominciare a volare su queste struggenti note. L anima da folksinger del nostro la si apprezza in pieno in “Cardboard Box of Batteries”, una grande ballata soffusa e delicata. In “Waiting for Marty” alla seconda voce fa la sua comparsa Petra Haden (figlia del grande Charlie) a rendere ancor più bella una canzone gia di per se grandiosa – l’unica con un ritornello – caratterizzata dal violino in sottofondo che accompagna la melodia che assieme al pianoforte forma uno splendido tappeto sonoro sorretto dalla sempre delicata chitarra del nostro. Il suo amore per la musica del diavolo esce palesemente allo scoperto nella title track un country blues d’autore di quelli che al giorno d’oggi solo lui e Otis Taylor sanno fare.
Questi sono solo alcuni esempi ma tutte le canzoni contenute in questo disco sono splendide, Kelly Joe Phelps ha firmato il suo capolavoro, se siete stanchi dei soliti suoni invadenti delle radio e della tv ascoltate questo album; Ha la grande capacità di ricongiungerci con il lato migliore della musica, quella che esce direttamente dal cuore che ci tocca le corde dell’anima.