Damien Rice: Live all'Horus

Devo ammetterlo: il concerto di Damien Rice mi ha stupito.
Ero partito troppo prevenuto, pensando di andare a vedere uno di quei live sponsorizzati dalla Permaflex e di venir colpito, da metà concerto in poi, dallo Sbadiglio fulminante (si sa com’è… magari parte uno in ultima fila e dopo 3 minuti tutti a spalancare la bocca…)
Josh Ritter, lo special guest della serata, non mi aveva certo fatto cambiare idea: nel disco appare con un sound più pieno e caldo, dal vivo invece era solo sul palco, lui e la sua acustica. Ma a dispetto di quanto si possa credere il pubblico assisteva interessato e incuriosito e forse sorpreso da così tanta attenzione e lasciata alle spalle l’emozione di essere solo di fronte a una grande platea (l’horus era molto pieno), Josh prende coraggio, familiarizza con i presenti e dopo un po’ si lancia in una grande prova di coraggio: chiede silenzio, avvisa che dedicherà la sua ultima canzone del set a J.Cash…
Scansa il microfono, toglie il jack dalla chitarra si porta vanti e con la voce nuda e cruda e con la chitarra senza amplificazione intona Lawrence KS (Can't Leave This World Behind) davanti a noi , stretti in un silenzio quasi religioso che sfocerà in un intenso applauso alla fine della song.
Passa la classica mezz’ora per aggiustare volumi e accordare strumenti e sale sul palco Damien. Subito si nota la mancanza di Lisa, la voce femminile sul cd che, come spiegherà in seguito Damien, è rimasta a casa per malattia. L’assenza non si farà però sentire troppo, perché Damien è al massimo della forma ed è accompagnato – bisogna dirlo- da una band che sa davvero il fatto suo. Oltre alla violoncellista (necessaria nei live) ha un ottimo bassista che dosa sapientemente le note senza eccedere , ma facendosi struttura portante in alcuni pezzi e un batterista entusiasta più che mai, completamente “dentro” i pezzi, tanto da esserne così conquistato che fa di tutto per creare le atmosfere giuste, cambiando spesso da bacchette a spazzole e, dove richiesto, suonando la batteria a mani nude e grattando con le unghie sui piatti. Davvero notevole.
E poi c’è lui, Damien, quasi commosso per tanto pubblico, invasato dalle sue stesse canzoni come un Buckley al massimo della forma, che spazia tra l’acustica, una telecaster mai troppo affilata e un’altra acustica settata a parte, munita di distorsore e wah wah. Proprio con quest’ultima chitarra Damien affascina e conquista, trasformando Amie in una b-sides da Ok Computer, con la sua voce filtrata attraverso un overdrive, mandata in ripetizione dalla loopstation in una nenia quasi ipnotica e giocando con i feedback che manda il wah tanto da creare impossibili scenari metropolitani, superando il confine tra rumore e suono per fonderli assieme su giri musicali semplici che permettono rapide impennate divagazioni in suite simil-psichedeliche.
Il pubblico, stupito, non può che apprezzare anche se (com’era lecito aspettarsi) gioisce di più sui pezzi riproposti in versione classica, in modo che può abbandonarsi in sussurrati cori su Eskimo, Volcano e Woman like a man, molto conosciuta nonostante essere la B-side di Cannon ball. Proprio Cannonball, il pezzo cui deve qui in italia la sua fama, e proposta come bis perché Damien, chiacchierando con il pubblico col suo italian-english , accetta di suonare Cold Water come pezzo di chiusura del set principale, regalando la sorpresa di intonare, a metà canzone Hallelujah di L.Cohen.
Già così è stato un concerto da 10 pieno… chissà cosa sarebbe stato se ci fosse stata anche Lisa! Ma se è vero che in estate Damien dovrebbe tornare mi toglierò di certo il dubbio. Se mi cercate sarò quello in prima fila!!!

Le foto presenti non si riferiscono al concerto recensito