Peetie Wheatstraw – The Essential

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Il legame tra il blues e il diavolo è antico. Fin dalle primissime incisioni degli anni 20 i bluesmen nominavano il signore degli inferi nei loro brani. A volte per insultarlo e incolparlo delle loro disgrazie, altre volte il diavolo veniva invocato per liberarli dalle pene terrene: meglio l’inferno che la dura vita nei campi e nei ghetti. Questa sorta di invocazione \ preghiera era sempre velata di malinconia; ci si rivolgeva al diavolo perché era l’unico che poteva prendersi cura di anime dannate come le loro. Non solo, a volte il blues stesso era identificato come una “incarnazione” del maligno che tormentava il musicista il quale nei suoi testi metteva spesso riferimenti alla sua natura di “maledetto” quasi a voler giustificare la presenza del blues nella sua vita. Nell’immaginario collettivo la figura del bluesmen affascinato dal diavolo è solitamente quella di Robert Johnson ma il più grande autore di “blues satanici” è stato molto probabilmente Peetie Wheatstraw. Soprannominato “il genero del diavolo” o “il gran sceriffo dell’inferno” Peetie ha composto decine di blues con riferimenti diabolici. Il nostro nacque nel 1902 a Ripley nel Tennessee e fu registrato all’anagrafe come William Bunch. Wheatstraw ha suonato un po’ tutti gli strumenti ma è al piano che ha raggiunto la vera grandezza. Egli decise di dedicarsi a tempo pieno a questo strumento quando si trasferì in cerca di fortuna a St. Louis città di grandi pianisti come Roosvelt Sykes, Henry Brown, Walter Davis e molti altri. Lo stile di Peetie però non aveva molto in comune con quello di questi grandi artisti ma era più simile a quello di Leroy Carr. Il suo sound era duro, granitico e percussivo, la mano sinistra era molto ritmica e sosteneva bene la destra fortemente melodica, mentre la sua voce era forte e cupa, in grado di prendere diverse tonalità. Proprio la sua voce fu la grande peculiarità di questo incredibile bluesman. La gente rimaneva incantata dal suo timbro basso e potente, così espressivo con un lieve accento nasale, leggermente dissonante quasi a far scorgere un ghigno diabolico. A completare il tutto ci si aggiungeva la sua propensione a le digressioni talking che sfociavano spesso in un “oooohhhhh well weeelll” che divenne il marchio di fabbrica.
I testi dei suoi blues era sempre molto crudi, in bilico tra realtà e fantasia con un forte uso delle metafore. Egli narrava storie di povertà e sofferenza quasi sempre ambientate nel ghetto di East St. Louis nel Valley il quartiere a luci rosse della città. Barboni, assassini, ladri , prostitute, ubriaconi, giocatori d’azzardo erano gli eroi delle sue canzoni sempre molto esplicite e crude. Peetie incise oltre 170 blues nella sua carriera che durò circa una decina di anni. Come partner alla chitarra il nostro si avvalse di grandi musicisti come Charlie Jordan e Charlie McCoy ma anche di sconosciuti bluesmen di cui si è persa ogni traccia. A rendere ancora più bizzarra la vita di questo grande artista fu la sua morte che venne da lui profetizzata in diverse canzoni come “Bring My Flowers While i’m Living” e in “Crazy With The Blues” in cui egli dice”…sentii qualcuno chiamarmi, era il poliziotto che faceva la ronda, voleva semplicemente dirmi, ohhh già già, che stavo guidando sulla corsia sbagliata. Gente vi ripeto ancora che sono davvero pazzo per via dei blues. Me ne vado sui binari del treno e poi giù al fiume, eh si, ma non so proprio quale dei due sceglierò”. Wheatstraw morì il 21 dicembre 1941 dopo un incidente stradale che nel quale egli finì con la sua automobile sui binari di un treno che lo travolse. Casualmente il giorno e il mese della sua morte sono gli stessi della sua nascita. Della sua opera sono rimaste moltissime incisioni disponibili in varie raccolte. Quella che mi sento di consigliarvi è sicuramente una delle più complete e fotografa bene tutta la sua carriera pescando tra tutti i 10 anni di registrazioni del nostro. Troviamo la autocelbrativa “Devil’s Son-In-Law” che narra del suo rapporto con il maligno, “Peetie Wheatstraw Stomp” che invece decanta le sue doti di amante attraverso dei divertenti aneddoti eortici. La splendida “More Good Whiskey Blues” una sorta di celebrazione della fine del proibizionismo, “Third Street’s Going Down” che racconta in modo tragico la demolizione del Valley. E ancora “What More Can a Man Do?” dove alla chitarra compare un favoloso Lonnie Johnson. In totale su questi due cd, ottimamente rimasterizzati, trovano spazio ben 36 canzoni attraverso el quali possiamo anche apprezzare l’evolversi del suo stile musicale, partendo dal classico piano blues degli inizi per giungere ad uno stile molto più jazzato e curato. Senza dubbio un ottimo modo per conoscere uno dei grandissimi del blues , un autore, musicista e cantante davvero superbo.