Smith, Patti – Trampin'

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Ci sono artisti a cui si vuole bene per motivi che prescindono dalla musica, e di motivi per voler bene a Patti Smith ce ne sono davvero molti. Patti è una che non si è mai tirata indietro, ha sempre detto la sua a discapito di censure e nefandezze varie. In lei vive il vero spirito del rock americano , lo stesso che alimenta Bob Dylan, Bruce Springsteen, Neil Young e che arriva diretto dall’eredità di Woody Ghutrie. Da sempre schierata contro le guerre e le ingiustizie la nostra eroina fa il suo ritorno sulla scena musicale proprio mentre nel mondo è in corso un forte dibattito sui fatti inerenti l’invasione dell’Iraq. Figuriamoci se una come lei poteva far mancare la sua voce in un momento come questo. Ero davvero curioso di sentire questo album che arriva dopo 4 anni di silenzio e succede al , a mio parere, modesto “Gung Ho”. Le aspettative che riguardavano Trampin’ erano delle migliori perché come già detto la situazione è davvero congeniale ad una come lei ed anche perché nel recente tour acustico che ha toccato il nostro paese Patti aveva dimostrato di essere in grande forma. Purtroppo invece Trampin’ si rivela un disco deludente; non brutto ma nemmeno eccezionale. E’ un lavoro nella norma e proprio per questo deludente. Tra le 11 song che lo compongono non mancano i momenti di grande rock ma ci sono anche dei fastidiosi passi falsi. Vediamo un po’ in ordine sparso le canzoni contenute in questo album: “Gandhi” è un rockaccio con le chitarre che graffiano come si deve, al voce è come sempre eccezionale ma la canzone è troppo lunga; oltre 9 minuti che alla fine stancano. Fosse durata la metà sarebbe stato un grandissimo brano. Lo stesso difetto ce l’ha pure “Radio Baghdad” che supera i 12 minuti. Il testo è eloquente, un dura condanna contro la guerra e l’amministrazione Bush. E’ la canzone che ci aspettavamo da lei in questo momento ma la nostra la tira davvero troppo per le lunghe. La lunga intro parlata ricorda un po’ la “War” in versione Springsteeniana ma la parte musicale manca delal dovuta forza. Il tono è cupo le chitarre graffiano e la batteria (sempre eccezionale Jay Dee Daugherty) pesta come si deve. Quello che stranamente manca è la voce. Quel tono, volutamente semi-talking rende il brano alquanto noioso. Peccato. E’ strano che proprio queste due che erano le song più attese, perché per le tematiche sono pane per i denti della Smith, sono quelle che deludono di più. Non sono però le più brutte: questo primato spetta senza dubbio a “Peaceable Kingdom” una ballata che fa orrendamente il verso a Madonna!!! La Patti Smith che conosciamo la ritroviamo nei brani di impronta meno complessa, i pezzi più semplici quei rock che la nostra spesso ci ha regalato in passato. Di questa categoria fanno certamente parte l’opener “Jubilee”, “Stride of the Mind”, “Cash”. Brani potenti che colpiscono a fondo e in modo poderoso. Tra le cose migliori anche la ballata “Mother Rose” dedicata alla madre scomparsa recentemente. Straordinaria l’interpretazione di Patti che canta come lei sa fare. Degne di menzione altre due ballad: l’acustica “Trespasses” e “Cartwheels” dai lievi accenni psichedelici alla Byrds. In entrambe la prova della nostra è davvero sopra le righe. La title track è un vecchio spiritual piuttosto suggestivo che vede sedere al piano la figlia di Patti. Lascio per ultima la song che preferisco: “My Blakean Year” ,dedicata a William Blake, è una grandissima canzone con un violino da pelle d’oca e una andatura tra il malinconico e il sognante davvero splendida. In sostanza si può dire che “Trampin’” è un disco con luci ed ombre, peccato che deluda proprio in quelli che dovevano essere i suoi punti di forza. E’ un disco molto politicizzato ma i bei testi delle song più rappresentative non sono, a mio avviso, supportati da una struttura musicale altrettanto valida. La Smith cerca soluzioni troppo complicate quando le basterebbe lasciar libera la sua straordinaria voce per giungere direttamente al cuore dell’ascoltatore. Alla fine si può dire che questo non è certo un brutto disco ma io da Patti Smith pretendo di più e la sensazione che mi rimane è quella del lavoro riuscito solo a metà , dell’occasione, purtroppo, mancata. Se mi dovessero chiedere se vale la pena spendere soldi per questo disco la mia risposta sarebbe :” comprate prima Horses, Radio Etiopia e i grandi dischi del passato” . Trampin’ non è riuscito a colpirmi.